SPECIALE PUPI AVATI
La parabola di “Gambina Maledetta” e della sua redenzione
Anteo “Gambina Maledetta” Pellacani, nobile dall’apparente indole anarcoide e spavalda, torna al paese natio nel diabolico intento di sbarazzarsi di un fico fiorone ritenuto miracoloso dalla popolazione locale e causa scellerata di un suo incidente di gioventù che lo ha reso permanentemente storpio. Un incontro alquanto inaspettato con una prostituta redenta e in odore di santità lo farà ricredere.
Ambientato nella cittadina di Bagnacavallo, La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone di Pupi Avati evoca già dal titolo tutto il sapore casereccio, provinciale e stravagante che caratterizza la terra romagnola e le sue innumerevoli contraddizioni. Sapientemente tratteggiato da una sceneggiatura in puro stile felliniano, il film verte interamente su un caso di bigottismo religioso al solo fine di offrire un esilarante affresco del (mal)costume locale, chiesa e famiglia comprese, in un susseguirsi di trovate kitsch dal sapore grottesco e volutamente beffardo. Il bizzarro e maldestro tentativo da parte di Anteo di vendicarsi dell’odiata pianta secolare, prima, e di espiazione delle proprie colpe, poi, innesca una serie di nefandezze da parte di personaggi caricaturali e surreali – dalle zie baffute e bramose di eredità al pappone ossigenato ed in puro stile sadomasosex – e fa da sfondo a risvolti narrativi di stampo boccaccesco. Il bestiario di Avati si condisce, inoltre, di elementi buffoneschi e goldoniani nelle figure del fedele servitore erotomane infatuato di una statua di marmo con cui tenta regolarmente di accoppiarsi e del pretino strabico che confessa le proprie pecorelle smarrite con tanto di impianto telefonico e telecamera. A tali componenti burlesche e ridicole, tuttavia, il cineasta emiliano aggiunge una forte dose di amarezza e cinismo che coincide con la completa conversione da parte di Anteo a seguito dell’incontro con l’angelica prostituta e fa sfociare la pellicola verso tematiche più prettamente mélo e dall’effetto straniante. Sorretto da interpretazioni convincenti e da situazioni atte a sottolineare le molteplici sfaccettature del fanatismo religioso, finto o sentito che sia, La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone è soprattutto un film sull’impossibilità di comprendere i bigottismi popolari più radicati, in un mondo in cui gli atei (ri)trovano la spiritualità più fervente ed i credenti non l’hanno forse mai cercata. In bilico tra l’anticlericale, il beffardo e il grottesco, Avati esprime la sua profonda attrazione-repulsione per quell’Italietta provinciale e periferica e ci mostra tutto il suo talento in un film a cavallo tra i generi.
La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone [Italia 1975] REGIA Pupi Avati.
CAST Ugo Tognazzi, Paolo Villaggio, Delia Boccardo, Gianni Cavina, Lucio Dalla.
SCENEGGIATURA Pupi Avati, Antonio Avati, Gianni Cavina. FOTOGRAFIA Luigi Kuveiller. MUSICHE Amedeo Tommasi.
Commedia/Grottesco, durata 102 minuti.