Dell’evoluzione mai avvenuta
Le “anime nere” sono quelle sagome scure marcate attraverso il contrasto fotografico tra chiari e scuri, figure umane spesso private di quelle sfumature che compongono la partitura visiva. Tutto attorno a loro il colore si satura, il paesino dell’Aspromonte si accende dei colori naturali attorno alle vite di tre fratelli legati a un clan mafioso e di Leo, figlio del fratello che sempre ha cercato di rimanere esterno da ogni faida malavitosa.
Anime nere di Francesco Munzi è una pellicola sulla mafia anomala: i suoi personaggi meditano a lungo prima di agire, non sono gangster d’azione ma al contrario l’agire è un atto momentaneo inserito nell’attesa di una decisione, ponderata. È la normale evoluzione di una professione ma anche di chi ancora non coglie il peso del rischio di una tale vita, come il giovane Leo sicuro dell’incondizionata possibilità all’agire e opposto al padre, che al contrario odia quel mondo ma allo stesso tempo non riesce ad esserne inconsapevole. Rocco e Luigi, gli altri due fratelli che tengono le redini del clan, rappresentano invece altrettanti poli dell’attività, di chi crede nell’importanza intimidatoria del proprio compito – come il primo – e di chi invece lo vive come un’evoluzione rispettabile nella logica di un vero e proprio mestiere. Ma questo nuovo ordine non può reggere le convenzionali regole del mondo, poggia sempre sui germi di conflitti mai sepolti, di faide interne al proprio paese di origine. Non importa se la sede del business ora sia a Milano e il traffico venga esportato dall’Europa fino all’America latina: se i modi e il linguaggio si sono resi rispettabili, tutto è portato a regredire di nuovo per essere quello che era una volta e sempre sarà. Le rivalità sono solo nascoste come la polvere sotto il tappeto, per questo allora dal nord si deve tornare al sud, in quel paesino sull’Aspromonte fatto di pietre e pecore. Si vive un lento e costante regresso alla terra e al proprio ruolo di origine, in un villaggio “desetiano” dove le tradizioni vivono ricorrendosi nel loro legame e senso arcaico. Questo non fa eccezione nemmeno per chi ha mutato e educato il proprio ruolo nella mala: diventando manager non potrà fare altro che rinchiudersi nell’antica brutalità nascosta dietro all’inganno della razionalità e pacatezza, una violenza sempre più rivolta nelle profondità del proprio nido. De Seta più che un riferimento figurativo e sonoro è il richiamo all’eterno ritorno all’arcaico e alla tradizione. Anime nere trova in ciò la propria strada riuscendo a mordere lo spettatore in un finale che cresce sia ritmicamente che simbolicamente, donando personalità a una pellicola che fino a prima poteva sembrarne poco provvista. Guarda dentro i personaggi nelle loro origini, nei riti rurali e di un legame con la terra indissolubile; tra il globale e il locale, lo scorrere di un tempo immobile.
Anime nere [Italia 2014] REGIA Francesco Munzi.
CAST Marco Leonardi, Peppino Mazzotta, Fabrizio Ferracane, Barbora Bobulova.
SCENEGGIATURA Francesco Munzi, Maurizio Braucci, Fabrizio Ruggirello. FOTOGRAFIA Vladan Radovic. MUSICHE Giuliano Taviani.
Drammatico, durata 103 minuti.