Andiam, andiam, nelle catacombe la pietra filosofale a cercar
Nell’horror spesso i personaggi devono scendere nelle profondità personali, confrontarsi con le proprie paure e peccati, prendere coscienza di questi e affrontarli. Questo è il rapporto che l’horror instaura con i suoi protagonisti, e questo è quello che Necropolis fa.
La pellicola dei fratelli Dowdle girata a modo di found footage dimostra una volta in più che film del genere vivono primariamente dello spazio in cui sono ambientati; che siano boschi, ospedali psichiatrici abbandonati o catacombe – come nel caso di Necropolis – il dove diviene causa e probabilmente genesi che dà vita all’immaginazione orrorifica. Primo film cui viene data la disponibilità di girare interamente nella rete sotterranea che collega il sottosuolo di Parigi, è una pellicola che mostra di nascere come possibilità, occasione unica di sfruttare un luogo ancora vergine dall’immaginario cinematografico, nonché spazio in grado di creare direttamente una corrispondenza tra le sensazioni di chi realizza e quelle dello spettatore. Una specie di luna park per chi vuole realizzare horror, ampissime possibilità di scelta date dalla suggestione, e proprio in questo Necropolis mostra sia i pregi che i difetti maggiori. La pellicola dei fratelli Dowdle infatti gioca con l’allusione. La prima metà – la meglio riuscita – infatti crea un misto fra l’avventura – con la protagonista novella Indiana Jones (o Lara Croft) alla ricerca della pietra filosofale – e il mistery, dal momento in cui la spedizione dei ricercatori scenderà nelle catacombe segnali d’inquietante avvertimento non tarderanno ad arrivare. La pellicola piacevolmente si prende il proprio tempo nel creare un background, quasi un terzo del film infatti è dedicato a farci conoscere le ricerche dei protagonisti che hanno individuato la pietra filosofale in un punto esatto sotto le strade di Parigi, ma allo stesso tempo l’enfasi quasi pedante nel riassumere i singoli significati diviene, una volta scesi nel sottosuolo, confusionaria. Riferimenti e richiami disparati trovano un accostamento precario, dalla cultura egizia si passa a quella cristiana – che non dimentica citazioni dantesche – senza tralasciare il fatto che tutta la vicenda si sviluppa sotto l’egida della tradizione alchemica e magica. Necropolis sembra essere una pellicola adatta per chi sa di non sapere, lavora con l’allusione creata dalla commistione di elementi eterogenei – e su questo non c’è assolutamente nulla di male – ma spesso bloccandosi sul livello più superficiale e riconoscibile dei singoli.
In conclusione un buon film solo a metà, meglio di quanto ci si poteva aspettare se lo si guardava dall’esterno con interesse superficiale, ma che si rivela poi essere sottotono rispetto alle premesse dell’intrigante prima parte.
Necropolis – La città dei morti [As Above, So Below, USA 2014] REGIA John Erik Dowdle.
CAST Perdita Weeks, Ben Feldman, Edwin Hodge, James Pasierbowicz.
SCENEGGIATURA Jonh Erik Dowdle, Drew Dowdle. FOTOGRAFIA Léo Histin. MUSICHE Dan Wilcox.
Horror, durata 93 minuti.