SPECIALE MONDI DISTOPICI
Gioco al massacro
Tratto dall’omonimo romanzo di Koushun Takami, Battle Royale è per molti versi il film testamento di Kinji Fukasaku (1930), morto durante le riprese del suo sequel: noto in Occidente attraverso la mediazione di Quentin Tarantino, che lo sdoganò al grande pubblico inserendolo nelle sue personali classifiche di inizio millennio, a quasi quindici anni dalla sua nascita il film conserva tutta la propria carica eversiva e distopica.
Nel futuro assai prossimo di una nazione asiatica non meglio specificata, per bilanciare l’imperdonabile scacco alla propria autorità il mondo degli adulti sorteggia ogni anno una classe delle scuole medie e la sequestra con l’inganno su un’isola evacuata: qui, nell’arco di tre giorni, gli studenti dovranno partecipare al Battle Royale, uno spietato gioco di sopravvivenza monitorato dall’esercito. Le regole, tanto chiare quanto crudeli, prevedono che per sopravvivere all’esperienza e tornare a casa ciascun ragazzo debba uccidere con ogni mezzo consentito i propri compagni, fino a rimanere l’unico concorrente in vita entro i tempi consentiti: in caso contrario, un collare elettromagnetico esplosivo provvederà a chiudere la partita senza sopravvissuti. Nel raccontare in oltre due ore questo mattatoio legalizzato – ma il film possiede differenti versioni a seguito dei frequenti tagli di censura – Kinji Fukasaku adotta un linguaggio registico incentrato sull’accumulo e sulla ripetizione, dove al virtuosismo della macchina da presa è preferito un attento studio delle varianti di messinscena della morte, amplificato dal robusto commento sinfonico della colonna sonora. Partendo da un pretesto narrativo a dir poco incredibile, il film si concentra su una suggestiva, e ancora oggi impressionante, stratificazione di immaginari: quello splatter delle uccisioni più efferate e fantasiose, quello avventuroso della corsa alla sopravvivenza in un ambiente ostile, quello televisivo dei game show e del reality, quello, ancor più interessante, della cultura adolescenziale, messa di fronte alla morte ma incapace di rinunciare agli innamoramenti, alle invidie, all’amicizia volta alla solidarietà, temi già tipici, tra l’altro, di tanti intrecci fumettistici. Anche a fronte di un finale consolatorio, Battle Royale non prescinde dall’oscura e ingiustificabile distorsione della società umana che si propone di rappresentare: allegoria secondo molta critica del gap generazionale generatosi con l’esplosione della bolla speculativa giapponese, la geometrica e grottesca lotteria della morte capitanata dall’insegnante Kitano (perfetto Takeshi Kitano nel ruolo) trova paradossalmente in un’inquietante lettura fuor di metafora la sua interpretazione più efficace, e dolorosamente più durevole. E se tutto questo accadesse per davvero?
Battle Royale [Batoru rowaiaru, Giappone 2000] REGIA Kinji Fukasaku.
CAST Tatsuya Fujiwara, Aki Maeda, Taro Yamamoto, Takeshi Kitano.
SCENEGGIATURA Kenta Fukasaku. FOTOGRAFIA Katsumi Yanagijima. MUSICHE Masamichi Amano.
Thriller fantapolitico, durata 114 minuti.