SPECIALE VENEZIA CLASSICI
Un uomo qualunque
Di nuovo catapultati in medias res nelle giornate di Antoine Doinel: bambino ne I quattrocento colpi, ragazzo in Antoine e Colette. Baci rubati è il terzo capitolo della saga dedicata al giovane protagonista.
Gli anni sono diventati venti, la vita vera chiama, Antoine risponde improvvisandosi portiere di notte, detective privato, per finire a riparare televisioni a domicilio, poco importa se digiuno delle specifiche abilità e conoscenze richieste soprattutto dalle ultime due professioni. Reinventando ogni giorno il suo mondo, di quel bambino indipendente e ribelle che era stato mantiene la semplicità dell’essere, una sorta di disincanto sottolineato da un’espressione tra lo stupito e l’impassibile, così difficile da interpretare. Più volte lo spettatore si illude di essere un esperto conoscitore dei desideri del giovane uomo, delle sue paure, dei suoi sogni, finendo invece per essere sempre lasciato in disparte: emblematica la scena della proposta di matrimonio alla dolce Christine, in cui il malcapitato osservatore si ritrova costretto ad immaginare lo scambio di battute scritto su semplici foglietti di carta, carpendo il tono romantico solo attraverso l’immagine del cavatappi-anello al dito di lei. I nostri occhi non possono spingersi più in là, costretti a spiare di nascosto gli spostamenti dell’eroe, pedinandolo come lui farebbe. La stessa macchina da presa è in perenne ricerca dei personaggi, ma questa sembra non avere fretta, lasciando che siano le relazioni tra le persone a costruire la dinamicità del quadro, intervenendo visibilmente col montaggio solo quando queste si trovano in uno spazio angusto che impedisce loro il moto. Come per il pubblico, anch’essa riceve la sua dose cospicua di porte in faccia, raccogliendo parole senza suono, gesti che comunicano al loro posto, a volte molto più accuratamente di quanto possano fare mille battute. Tale complessità è resa molto più semplice grazie ad una trama facile da seguire proprio perché apparentemente senza molta sostanza: travestita da commediola romantica, rivela la sua natura di dramma pessimista nel far scendere a compromessi il suo protagonista (il matrimonio), nelle illusioni frustrate (l’amante), nella mancata libertà che porta il prima indipendente Antoine a trasformarsi in un signor nessuno, in centomila suoi simili in un prossimo opaco futuro. Afferma Truffaut durante un’intervista: “Ho corso il rischio di abbandonare Baci rubati quindici giorni prima dell’inizio delle riprese, per la vergogna e il disagio. Pensavo: ho delle buone sceneggiature da girare, ci sono dei romanzi magnifici, e io sto per fare in quindici giorni un film dove non si racconta assolutamente niente”. Fortunatamente non l’ha fatto.
Baci rubati [Baisers voles, Francia 1968] REGIA François Truffaut.
CAST Jean-Pierre Léaud, Claude Jade, Daniel Ceccaldi, Claire Duhamel.
SCENEGGIATURA Bernard Revon, François Truffaut, Claude De Givray. FOTOGRAFIA Denys Clerval. MUSICHE Antoine Duhamel.
Commedia, durata 90 minuti.