67° Festival del film Locarno, 6-16 agosto 2014, Locarno (Svizzera)
Volti sfregiati di un mondo perduto
Il film più atteso di Locarno 67 è anche il più lungo, con i suoi 338 minuti senza pausa se non quella, o quelle, che ogni spettatore si prende autonomamente. Arriva sul palco in modo dimesso il piccolo guru del cinema filippino Lav Diaz e sembra quasi scomparire accanto a Carlo Chatrian e alle altissime spalline dell’attrice protagonista, con la sua voce flebile, la coda di cavallo grigio-nera e la serenità di chi sa di aver fatto qualcosa di importante per il suo popolo.
Questa “cosa”, ma sarebbe meglio chiamarla per quello che è, cioè un’opera, si chiama From What Is Before (Mula sa kung ano ang noon, nell’originale) ed è la storia di un barrio filippino dove un piccolo gruppo di persone cerca di sopravvivere solo con le proprie mani, nell’indifferenza del governo. Coltivatori di riso, vinai, agricoltori, santoni, personaggi che hanno fatto dell’eccentricità una forma sana di esistenza, in un paese che ricorda e santifica Dio ogni giorno senza venire corrisposto. In questa striscia di terra qualcosa di sinistro comincia ad accadere in prossimità degli anni ‘70: tre mucche sono fatte a pezzi, le case prendono fuoco, due uomini vengono trovati morti per strada, uno addirittura con dei morsi sul collo. Nel frattempo una donna sfrutta la sorella con problemi psichici, trasformandola in una guaritrice a pagamento, un bambino smette di andare a scuola e inizia a istruire i coetanei su come rubare piccole somme di denaro ai compaesani. Questo preambolo simbolico di una minaccia già in atto nella nazione si mostra in tutta la sua crudezza all’arrivo dei militari, non voluti e non chiamati, che si accampano per difendere gli abitanti da un non precisato nemico. La ferita della dittatura di Marcos, il cui apice è la legge marziale e il coprifuoco imposto nel 1972, si riapre davanti ai nostri occhi come il ricordo lucido di un incubo. Il barrio si divide fino a dissolversi, pochi, pochissimi, restano legati alla terra aspettando un cambiamento o la fine. Si rimane ipnotizzati di fronte alla bellezza delle immagini di Diaz, autore molto più riflessivo del connazionale Brillante Mendoza e più vicino, per estetica, al Béla Tarr di Satantango con un bianco e nero che segna pesantemente le zone di luce e ombra, facendosi portavoce di presenze che resteranno invisibili per tutto il film. In questo film dove si tocca il divino, si sfiora l’etereo, l’uomo emerge dalla natura, ringraziandola ogni volta per averlo protetto dal maligno e si potrebbe dire che, al pari dei western di John Ford, il paesaggio non è mai cornice, non è mai abitato, semmai è più importante dei piccoli personaggi umani. L’uomo fugge, scompare e muore dentro la natura, abbracciando il mare da uno scoglio dove è scolpita l’immagine sfregiata di una Madonna. Sarà stata un’allucinazione dovuta alle sedie scomode e all’aria condizionata, ma nella fissità dell’inquadratura era possibile riconoscere, ogni volta, un volto o una figura scolpita nella natura, fosse fatta di foglie, di alberi o di rocce. Che sia più o meno reale, quest’ultima immagine condensa il senso di un’opera monumentale che necessita di una durata spropositata per generare un tipo di empatia fra spettatori e personaggi diverso da quello che potremmo provare in un qualunque altro prodotto più accessibile: qui entriamo in profondità, quasi si trattasse di un documentario, fino a sprofondare nel tessuto molliccio del barrio e sentirci la pelle sferzata dal vento del mare. Un’esperienza difficilmente replicabile, un’astrazione con i piedi nella storia e la testa oltre il limite della percezione. Qualcosa di unico e bellissimo.
From What Is Before [Mula sa kung ano ang noon, Filippine 2014] REGIA Lav Diaz.
CAST Hazel Orencio, Perry Dizon, Karenina Haniel, Ching Valdes-aran, Bambi Beltran.
SCENEGGIATURA Lav Diaz. FOTOGRAFIA Lav Diaz. MUSICHE Mark Locsin.
Drammatico, durata 338 minuti.