SPECIALE STANLEY KUBRICK
“E dopo tutto cos’è una bugia? Solo la verità in maschera” (Luigi Pirandello)
Cosa si cela dietro la maschera della quotidianità? E fino a che punto ciò che si rivela dietro tale maschera è (in)comprensibile agli occhi di chi guarda ma non vuole vedere, vede ma non vuole guardare?
Tale è l’enigma su cui poggia l’intero impianto riflessivo e narrativo di Eyes Wide Shut, adattamento cinematografico del celebre racconto Doppio sogno di Arthur Schnitzler, nonché ultima fatica registica dell’iconico cineasta statunitense Stanley Kubrick. Ed è proprio l’ossimoro contenuto nel titolo e sommariamente traducibile in “occhi apertamente serrati” a riassumere in sé la condizione psicologico-esistenziale di Bill Harford, giovane ed aitante medico appartenente all’upper class newyorkese e dall’apparente stabilità affettiva ed economica. La confessione di un tradimento desiderato ma mai consumato da parte della moglie Alice rende l’uomo consapevole della fallacia degli schemi mentali fino ad allora adottati e sempre atti a far quadrare, senza mai riuscirci, la natura di ogni cosa che lo circonda. Altro non resta che la ricerca impulsiva – e compulsiva – del piacere e della trasgressione, in un viaggio/incubo che scandirà la deriva di Bill e gli farà captare per un’interminabile notte la natura irrisolta ed irrisolvibile del reale. Tali immagini del viaggio/iniziazione si susseguono in un concatenarsi di significanti e significati, senza che l’uomo tuttavia ne riesca mai a percepire l’essenza e la differenza. Ecco allora che la città si mostra agli occhi aperti ma metaforicamente chiusi di Bill come esperienza aptica e sensoriale, in un insieme liquefatto e rarefatto di luci al neon contenenti codici e parole d’ordine da decifrare – cosa c’è oltre l’arcobaleno? – ed incontri casuali dall’atmosfera onirica e surreale. Tutto il non-percepibile ad occhio nudo ma visibile con gli occhi della mente si concretizza con una disinvoltura e una morbosità spiazzanti in tutti i suoi colori e sfumature. Lo stesso rito orgiastico con tanto di maschere veneziane e musica solenne si fa, dunque, metafora della contraffazione del viso e dell’identità e di quell’interiorità fatta d’istinti primordiali e di pulsioni sessuali perennemente dissimulata dalla facciata dell’abitudinarietà e della quotidianità. Tutto intorno a Bill, dagli sguardi di Alice che tradiscono una certa insoddisfazione e l’ammiccamento alle ambigue e (in)decifrabili rappresentazioni di una realtà da decriptare, è simbolicamente rappresentato da una fotografia fatta di colori saturi e da lunghi piani sequenza, a sottolineare il tono onirico e la calma solo apparente che si cela dietro l’animo umano. Il senso di angoscia e di ribellione interiore che ne deriva, sembra dirci Kubrick, è seppellito dal rituale familiare e per tale motivo può trovare una sua concreta espressione e consistenza solo nella dimensione parallela del sogno.
Eyes Wide Shut [id., Gran Bretagna/USA 1999] REGIA Stanley Kubrick.
CAST Tom Cruise, Nicole Kidman, Sydney Pollack, Marie Richardson, Vinessa Shaw.
SCENEGGIATURA Stanley Kubrick, Frederic Raphael (tratta dal romanzo Doppio sogno di Arthur Schnitzler).
FOTOGRAFIA Larry Smith. MUSICHE Jocelyn Pook.
Drammatico, durata 153 minuti.