SPECIALE 33° PREMIO SERGIO AMIDEI
Un orco senza volto
Sofia, nove anni, gioca con il frisbee in un parco pubblico. Un lancio sbagliato, e il disco finisce dietro una siepe: Sofia va a riprenderlo, e improvvisamente tutto si fa scuro.
Si risveglia in un sotterraneo, su una brandina sudicia in mezzo a mucchi di vecchi giornali e scatoloni ricolmi di lampadine, una grata come unico contatto con il mondo esterno. Sovrastanti, rumori di passi, il vociare di una televisione e, soprattutto, Il notturno di Chopin suonato al piano: è il suo rapitore, che la tiene segregata in un sotterraneo. Dopo più di dieci anni, Aldo Lado torna dietro la macchina da presa e confeziona Il notturno di Chopin, film claustrofobico e sospeso, curato in ogni dettaglio della sua messa in scena, aperto da un lungo piano sequenza in soggettiva e con un finale improvviso e azzeccatissimo. La storia della piccola Sofia, rapita e da un maniaco senza nome e senza volto, potrebbe tranquillamente essere quella di centinaia di bambini spariti senza lasciar traccia. Spiega Lado a Davide Pulici su Nocturno n.127: “Sono stato molto colpito dal caso di una ragazzina scomparsa in provincia di Milano, della quale non si sono trovate più le tracce. […] La maggior parte dei bambini che scompaiono, non vengono ritrovati, tutte le volte che c’è stato un rapimento di cui si è molto parlato, l’asse dei media, giornali, televisioni ecc., era concentrato solo sull’angoscia dei genitori, sul “giallo” – sarà viva, sarà morta, che è successo, che non è successo… – ma nessuno che si fosse mai posto il problema di quello che poteva essere capitato nella mente e nella vita del bambino […]”. Il notturno di Chopin è proprio questo, un tentativo di entrare nella mente di una bambina che cerca di dare spiegazione alla propria improvvisa condizione di reclusa. Che sia una punizione estrema per non aver studiato a dovere la geografia, come le chiedeva la madre? O forse è solo una cosa temporanea, tanto vale ammazzare il tempo lasciandosi andare a brevi danze, togliersi un dente da latte già in procinto di cadere e conservarlo per il topino dei denti quando tutto sarà finito. Eppure, inconsciamente, Sofia sa bene che in ogni momento può accaderle qualcosa di brutto, come alla bimba di cui ascolta le terrorizzate richieste di aiuto, in una stanza adiacente alla sua, prima che il rapitore la faccia tacere per sempre. Attende con ansia ogni rumore che arriva dalla strada per richiamare l’attenzione su di lei, attraverso una grata invalicabile che rappresenta il suo unico contatto con il mondo esterno; si fa forza cantando a squarciagola Bella ciao quando l’orco che l’ha imprigionata suona al piano Il notturno di Chopin; elabora strategie per fuggire da quella cella vermiglia, tossica, malsana, mostruosa. Tranne piccole sequenze in esterno, l’intero film è ambientato nello scantinato, con lo spettatore che si immedesima alla bimba perché ne sa quanto lei, e i pochi particolari del maniaco che vengono mostrati altro non fanno che alimentare dubbi e domande: come la bimba, anche noi non sapremo mai chi sia, ne perché agisca in tal modo. Ma non è importante, Il notturno di Chopin non è un thriller, il “giallo” mediatico che voleva evitare Lado, piuttosto è un’opera intimistica e sperimentale, affascinante nei suoi tempi dilatati, che affronta con originalità un serio problema sociale spesso taciuto. Peccato non trovi alcun tipo di distribuzione.
Il notturno di Chopin [id., Italia 2012] REGIA Aldo Lado.
CAST Sofia Vercellin, Silvia Bruera, Alessia Ronzani, Manlio Gomarasca, Alfredo Rota, Michael Rota, Davide Pulici, Roger Fraser, Liliana Volpi, Renato Ciuffo, Mauro Gervasini.
SCENEGGIATURA Aldo Lado. FOTOGRAFIA Felice De Maria. SCENOGRAFIA Alessandra Rapattoni.
Drammatico, durata 85 minuti.