1° Festival Internazionale del Cinema Povero, 18-20 luglio, Ispra (Varese)
Povero sì, ma ricco di contenuti
Cinema povero di mezzi e ricco di contenuti; questo potrebbe, ad un occhio un po’ cinico, sembrare il tipico slogan usato da enti locali per nobilitare serate ed eventi in realtà utili solo a fare uscire la gente di casa del paese e dare lustro alle amministrazioni.
Per quanto riguarda invece la prima edizione del Festival Internazionale del Cinema Povero il senso della definizione calza a pennello, cogliendo alla perfezione la sostanza della neonata manifestazione, che già dai suoi primi respiri si mostra differente da tante altre kermesse simili sulla carta ma meno incisive nella sostanza, valicando decisamente i limiti localistici e meritando semmai la definizione “glocal”. La prima edizione del Festival, che – ricordiamolo – si tiene a Ispra, paese sulla sponda lombarda del Lago Maggiore, incorniciata dal placido panorama del Lago e delle colline che lo circondano, è iniziata venerdì sera: se la prima serata è stata dedicata a opere e documentari realizzati da autori locali, da sabato, serata di premiazioni, si potranno vedere i cortometraggi reputati migliori. È una selezione di una trentina di titoli scelti tra i 131 cortometraggi arrivati da oltre 30 Paesi. Documentari e di finzione, le opere arrivate – di alcune delle quali parleremo più nello specifico mercoledì quando si sapranno i nomi dei vincitori, provenienti come detto da tutto il mondo, hanno fornito un panorama di 360° sulle cinematografie mondiali e sulle loro tendenze. Sono state opere estremamente variegate, sia a livello di qualità (al netto di una quindicina di improponibili e di altrettanti “senza infamia e senza lode”, il livello medio è stato comunque alto) sia a livello di approcci narrativi e stilistici: tra lavori più dichiaratamente sperimentali e altri che maggiormente hanno cercato l’equilibrio tra innovazione e rispetto di canoni più tradizionali, se dobbiamo trovare un fil rouge lo possiamo cercare proprio nella tendenza di creare prodotti allo stesso tempo “per tutti”, che affrontino cioè aspetti sociali o aspetti della condizione umana attraverso l’affabulazione narrativa o l’utilizzo dei generi, e che evitano il rischio di banalità e convenzionalità, rispettando aspettative senza farsene imprigionare, riuscendo spesso anzi a ribaltare determinati canoni. Da questo punto di vista, sono apparse in ottima forma cinematografie come quella spagnola, a cui la crisi del Paese sembra avere dato una scarica di energia e di sarcasmo, o quella coreana, capace di lavori differenti da quella che è la percezione più diffusa del cinema di quella nazione. Parallelamente al concorso per cortometraggi, che riceveranno il Nasso d’Oro (nda: il nasso è una pianta tipica del varesotto) c’è anche il premio alla migliore sceneggiatura.