SPECIALE ROB REINER
Il potere delle storie
Sceneggiato dal mitico William Goldman, Misery non deve morire rappresenta forse uno degli adattamenti meglio riusciti di un romanzo di Stephen King. Le sue opere rimandano spesso a una riflessione sul ruolo dello scrittore, e ora che il romanziere di successo Paul Sheldon – protagonista del libro e alterego dello stesso King –, si trova di fronte al pubblico per cui scrive – un’infermiera follemente innamorata di lui e dei suoi personaggi –, questo tema diventa assolutamente cruciale.
Il film di Rob Reiner porta sullo schermo un elemento chiave dell’immaginario kinghiano: la rassicurante quotidianità trasfigurata in incubo, il sorriso di un pagliaccio, l’abbraccio di un genitore, le cure di un’infermiera qualunque. Questa volta però, al parallelo tra scrittore e assassino, si somma l’equivalenza tra assassino e lettore, che delinea una nuova interpretazione della riflessione di King sul potere della scrittura: non è tanto chi scrive il romanzo a rappresentare l’autore materiale di un omicidio, ma è “la storia stessa a uccidere”, oltrepassando la pagina per divenire più reale della realtà. Insomma, una storia sembrerebbe qualcosa di maledettamente serio, e non ci si può permettere di scherzare con la vita e la morte di un personaggio: è come se, allo stesso modo, un’infermiera potesse giocare al gatto e il topo con il suo paziente. La lotta all’ultimo sangue tra scrittore e lettrice è in fondo uno scontro tra visioni opposte del mondo. Per lo scrittore la realtà è un insieme di rappresentazioni arbitrarie, scomponibili senza una logica apparente, come arbitrarie e illogiche sono tutte le storie; per la lettrice invece è un magma caotico ma con un fondo di verità, per cui la scelta di quel finale o di un finale alternativo risponde a una bruciante domanda di senso. La morte di Misery è quindi inaccettabile per l’infermiera soprattutto perché perpetrata con noncuranza, rivelando il disimpegno che accompagna l’attività dello scrittore, la sostanziale indifferenza per i suoi lettori, la sfiducia verso il significato di un’opera che in fondo è solo l’ultimo prodotto di una serie. È sempre soltanto fiction? Oppure dietro gli istinti omicidi che nutriamo per lo “spoleiratore di turno”, o dietro la delusione per quel finale che proprio “non ci è andato giù”, si nasconde qualcosa di più di una mancata soddisfazione intellettuale?
Misery non deve morire [Misery, USA 1990] REGIA Rob Reiner.
CAST Kathy Bates, James Caan, Richard Farnsworth, Lauren Bacall.
SCENEGGIATURA William Goldman (tratta dal romanzo Misery di Stephen King). FOTOGRAFIA Barry Sonnenfeld. MUSICHE Marc Shaiman.
Thriller/Horror/Drammatico, durata 107 minuti.