SPECIALE BUON COMPLEANNO MEL BROOKS
“Si può fare!”
La trama di Frankenstein Junior è nota ai più: il film è infatti la parodia più riuscita dei classici di James Whale (Frankenstein, 1931; La moglie di Frankenstein, 1935) con Boris Karloff, riletture del romanzo Frankenstein, o il moderno Prometeo di Mary Shelley.
Dire che il film è un cult potrebbe essere addirittura riduttivo ma, pur essendosi guadagnato questo status, anche in questo caso si rilevano distorsioni di senso dovute alla traduzione dall’inglese all’italiano. Per quanto non sia questo uno dei casi peggiori, alcune delle citazioni più iconiche sono vittime di rese linguistiche dubbie. Per fare un paio di esempi basta citare il celebre “Si può fare!” urlato da un Gene Wilder dallo sguardo allucinato. La versione originale, però, non esprime tutta questa sicurezza del risultato, preferendo una frase più aperta alle possibilità del caso: “It could work!”. Condizionale, non indicativo; per di più un condizionale indicante possibilità, non dovere. A fare le spese della scarsa anglofonia italica (all’epoca come adesso) è però soprattutto la sequenza in cui il protagonista, preso al collo dal mostro di sua creazione, cerca di suggerire di sedare il mostro. Il gioco dei mimi così instaurato si svolge con regole anglosassoni, con la divisione e l’indicazione delle sillabe e con l’uso di “sounds like” (assonanza indicata con lo scuotimento dell’orecchio). Cosa ardua è anche restituire il gioco di parole “seda-give/seda-tive” che in italiano risulta un po’ maldestro in “seda-davo/seda-tivo”, anche se, tutto sommato rende l’idea. Si potrebbero enunciare ancora l’episodio del cervello di A. B. Normal e “Lupo ululà, castello ululì”, ma il concetto è già abbastanza chiaro. Tanto di cappello ai traduttori che Gene Wilder e Mel Brooks hanno messo alla prova, in pochi avrebbero (e hanno) saputo fare di meglio. Ciò non toglie che, alla fine dei conti, l’effetto di alcune sequenze sia deviato rispetto all’originale. Si ride ugualmente, ma per cose diverse. C’è poco da fare, per assaporare fino in fondo l’ironia della coppia Brooks/Wilder l’unica soluzione è applicarsi un po’ e correre il rischio di fare un po’ fatica: ma il risultato vale decisamente la pena. Niente sminuisce, comunque, il ruolo culturale che Frankenstein Junior ricopre nelle nostre scoperte culturali e il fatto che sia riuscito a salvarsi da certe “paranoie linguistiche” è il segno evidente che la sceneggiatura propone una costruzione dialogica praticamente perfetta.
Frankenstein Junior [Young Frankenstein, USA 1974] REGIA Mel Brooks.
CAST Gene Wilder, Marty Feldman, Peter Boyle, Madeline Kahn, Gene Hackman.
SCENEGGIATURA Mel Brooks, Gene Wilder. FOTOGRAFIA Gerald Hirschfeld. MUSICHE John Morris.
Commedia, durata 106 minuti.