SPECIALE CLINT EASTWOOD, II PARTE
Fermo immagine dal fronte
Corale e realistico atto d’accusa al sistema propagandistico (e guerrafondaio) statunitense, Flags of Our Fathers, insieme a Lettere da Iwo Jima girato quasi in contemporanea, svuota il mitologema bellico ponendo l’uomo, e non eroi o leggende create a tavolino, al centro del racconto filmico.
Seconda Guerra Mondiale. Sei marines innalzano la bandiera a stelle e strisce sul monte Suribachi durante la cruenta battaglia di Iwo Jima. Ci sono immagini che rimangono vivide nella storia, anzi, la costruiscono forgiando identità collettive e plasmando immaginari comuni. Nel caso dell’istantanea scattata da Joe Rosenthal nel 1945, l’effige non è che un simulacro, svilito dal potente meccanismo patriottico del governo americano che trasforma tre dei sei “alzabandiera” (gli altri sono già morti) in eroi nazionalisti, costretti a lasciare il fronte e a girare in tournée per raccogliere buoni di guerra e consensi mediatici. A dirimere un confuso intreccio di ricordi personali e memoria storica, è James Bradley che, attraverso un’inchiesta verità, scandaglia la storia di suo padre John, detto “Doc”, molti anni prima infermiere del plotone, e dei suoi due compagni Rene Gagnon e il pellerossa Ira Hayes. Lo stile sobrio di Eastwood, essenziale nella definizione del resoconto cronachistico e con modulati accenti lirici nell’illuminare il rapporto di amicizia che unisce i commilitoni, si fa ossessivo quando si sofferma sulle sequenze d’azione; come nell’iperrealismo spielberghiano, uomini e ordigni sono indissociabili nell’impasto terreo che si fonde col grigiore esangue della fotografia di Tom Stern. Sulla sceneggiatura scritta dal premio Oscar Paul Haggis e da William Broyles Jr. che sfalda la storia tra passato e presente, il regista cuce una vicenda corale impreziosita dalle impeccabili interpretazioni e dalla “dialettica umanistica” di campo-controcampo e primi piani che esaltano, senza infingimenti, il candore spirituale del trio: la dimensione umana e antiepica dell’infermiere Bradley, il confuso vagheggiamento idillico di Rene che durante la campagna di finanziamento bellico si trascina anche la moglie, l’idealismo tormentato del nativo americano, sodale coi compagni in guerra e deciso a tornare sul campo di battaglia per pagare il dazio del sangue. Eastwood, cantore di tragedie intime e ballate di disillusione e coraggio, parla ancora di “uomini della folla” in cerca del proprio riscatto in un mondo ostile. Se esiste una “giusta memoria” non è quella di facili apoteosi o eroi improvvisati. Sono tutti un po’ colpevoli e tutti un po’ innocenti, ma “i veri eroi sono quelli morti sull’isola” o quelli che sopportarono ferite e tormenti unicamente “per i loro compagni”.
Flags of Our Fathers [id., USA 2006] REGIA Clint Eastwood.
CAST Ryan Phillippe, Jesse Bradford, Adam Beach, Barry Pepper, John Benjamin Hickey.
SCENEGGIATURA Paul Haggis, William Broyles Jr. FOTOGRAFIA Tom Stern. MUSICHE Clint Eastwood.
Guerra, durata 130 minuti.