Il tuffo di testa contro le leggi dell’aerodinamica di Van Persie e le lacrime di Cristiano Ronaldo provocate dai trequartisti tedeschi; lo stato confusionale di Casillas e la velenosa e sfortunata punizione di Pirlo. Queste sono alcune delle testimonianze iconiche che hanno immortalato queste prime giornate del mondiale brasiliano, già impresse, nonostante la loro giovane età, nella memoria calcistica degli appassionati, di quelli veri come di chi si improvvisa tale ogni quattro anni.
Già, perché il mondiale brasiliano, stando a queste prime battute, sembra essere quello che più consapevolmente di altri si basa sull’immediato potere iconico delle immagini e sulla loro capacità di bloccare l’attimo simbolico e radicarlo immediatamente, eternizzandolo nella fissità della fotografia o nella ripetitività delle immagini in movimento: siano esse gli scatti presi dal bordo campo, capaci di bloccare il gesto tecnico e di simboleggiare il senso dell’intera partita, pubblicati da quotidiani on-line (si veda Il Post), o le innumerevoli riproposizioni dei goal e delle azioni. Tutto ciò, di per sé, non è certo una novità, e tanto meno il legame tra mondiali e immagini è un’invenzione appena sfornata: ma se prima questa agiva soprattutto “dopo”, facendo decantare le immagini nell’obiettivo di creare una sorta di memoria storica – per esempio, anche chi ha visto Rivera solo in foto conosce a memoria l’ultimo minuto di Italia-Germania 4-3 – in questo caso sembra evidente una maggiore consapevolezza della loro immediatezza e un più evidente radicamento nel senso comune. Merito è innanzitutto dei Social: Brasile 2014 è infatti il primo mondiale davvero “social”. Non solo per la capacità di rendere virale, anche rileggendolo in vario modo, attraverso le esplosioni iconografiche, il momento significativo, sia positivo (il bel gesto tecnico), sia divertente (per esempio, le ironie sul fisioterapista inglese infortunatosi esultando). È social anche perché è in atto una visione virtualmente condivisa e partecipata delle partite: durante i 90 minuti, e nelle ore successive, Twitter cinguetta incessantemente, FB si riempie di stati, nelle chat e nei gruppi si dibatte in tempo quasi reale, così come immediatamente dopo si commenta e si rivive (per fare un esempio, la pagina Calciatori brutti). Così, il guardare le partite non perde il suo senso di visione e passione condivisa, ancora intatte, anche se in fase di mutamento “social” (ma pizza e birra, con amici fisici o virtuali, rimarrà un must).