BRASILE 2014 – SPECIALE MONDIALI DI CALCIO
L’insostenibile leggerezza di Ken Loach
Il mio amico Eric è uno dei rari film di Ken Loach in cui il dramma socialista si trasforma in stuzzicante apologo surreale. Dietro le raffinatezze stilistiche e i toni irriverenti da commedia impegnata, il regista continua la sua lotta alla società capitalistica e condanna il sistema affogandolo in caute risate, gag esilaranti e drammi familiari.
Dai diari della working class alle confessioni intime di un postino britannico. Il suo interlocutore è la stella del calcio Eric Cantona, comparso come un fantasma nella sua vita allo sfascio. La moglie lo ha lasciato, uno dei due figliastri semina disordini coi suoi amici gangster e la figlia Sam, universitaria con bambino a carico, cerca in tutti i modi di farlo riconciliare con Lily, l’amore mai dimenticato. Il suo unico scheletro nell’armadio (a parte qualche decina di lettere mai consegnate) è l’ossessione per la storica mezz’ala del Manchester, materializzatosi all’improvviso per mettere ordine nel suo caos emotivo. Cantona, allucinazione amica che, tra motteggi e frasi fatte, si prodiga in consigli e suadenti metafore calcistiche, gli spiega che il ricordo più bello della sua carriera non è stato un gol, ma un assist che ha mandato in rete un compagno. E degli amici ci si deve fidare, anche se parlano poco di sindacati e molto di dribbling. Sarà proprio la solidarietà tra attempati “hooligans” a salvare il portalettere Eric, spinto al gioco di squadra dalla sua meravigliosa ossessione col numero 7 dietro la maglia. Al netto dei facili rimandi al buonismo di Frank Capra o alla commedia proletaria britannica anni ‘90 (ricordate The Commitments, Full Monty o Svegliati Ned?), i personaggi della favola leggera e a tratti un po’ didascalica, dolce ma anche tanto amara, rievocano le vicende sgangherate, semiserie e tragiche dei disoccupati di “Barrytown”, goffe caricature irlandesi che saltano quasi fuori, tanto è il loro realismo, dalle pagine scritte da Roddy Doyle. L’idea dell’alter ego è abbastanza inflazionata, tra gli esempi illustri ricordiamo l’alienato Sam (Woody Allen) che, grazie alla proiezione immaginaria di Humphrey Bogart, cercava di districarsi nella sentimentale giungla metropolitana. Loach critica la paralisi gerarchica della società del disagio, ma strizza un tantino l’occhio ad un altro sistema, quello hollywoodiano, con tanto di happy ending in chiusura e volto-icona rappresentativo. Nonostante la facile formula adottata, il film è un riuscito e trasognato racconto sulle solitudini post moderne, inasprito quanto basta dalle inquietudini di un regista militante che insegna a diffidare dai continui “off side” dell’esistenza. A volte per superare la crisi bisogna credere in fidati alleati capaci di tenerti in gioco.
Il mio amico Eric [Looking for Eric, Gran Bretagna/Francia/Italia/Belgio 2009] REGIA Ken Loach.
CAST Eric Cantona, Steve Evets, John Henshaw, Stephanie Bishop, Lucy-Jo Hudson.
SCENEGGIATURA Paul Laverty. FOTOGRAFIA Barry Ackroyd. MUSICHE George Fenton.
Commedia, durata 116 minuti.