31 MAGGIO – OMAGGIO A RAINER WERNER FASSBINDER
L’essenza critica del melodramma
Profondamente ispirato a Secondo amore di Douglas Sirk, La paura mangia l’anima è un “melodramma raffreddato”, in cui una storia di forti passioni e una messa in scena distaccata mettono in luce l’ipocrisia e il razzismo della Germania anni ’70.
La vicenda è quella di una vedova di mezza età che s’innamora ricambiata di un operaio arabo molto più giovane di lei. I due decidono di sposarsi, ma il loro matrimonio genera l’indignazione dei figli e dei conoscenti della donna, che per questo cominciano ad emarginarla. Intanto i problemi si manifestano anche all’interno della coppia. In quest’opera, Fassbinder mantiene sì sostanzialmente alcuni cardini del film di Sirk (l’età dei protagonisti, il finale di riconciliazione, il tema dei pregiudizi e la grande attenzione per la dislocazione dei personaggi nello spazio), ma contemporaneamente ne rivisita altrettanti. Infatti, non solo si passa dalla provincia borghese statunitense anni ‘50 al contesto proletario tedesco anni ’70, ma vi è inoltre una profonda differenza dal punto di vista linguistico: qui non c’è posto per l’empatia tipica del cinema “sirkiano”, per la sua fotografia dai colori caldi e simbolici (se non in rare sequenze) o per la recitazione spesso sopra le righe dei suoi attori. Nell’opera di Fassbinder dominano al contrario la freddezza della regia, la piattezza delle luci, le “cornici” che circondano i personaggi e le performance tendenzialmente sottotono dei protagonisti. In questo modo l’autore compie anche e soprattutto un discorso analitico su un regista (Sirk) e su un genere (il melodramma), in quanto li omaggia e li reinterpreta spogliandoli della maggior parte dei loro stilemi filmici per arrivare direttamente alla loro essenza narrativa e problematica: la critica feroce a una parte di società e umanità. In tal senso risulta emblematico che sia in Secondo amore sia in La paura mangia l’anima vi è la presenza di un televisore che simboleggia la solitudine della protagonista. Ma con almeno una differenza sostanziale: nella pellicola di Sirk i figli regalano la tv alla madre prima di abbandonarla, mentre in quella di Fassbinder uno di loro la distrugge prendendola a calci. Quindi, da un lato vi è una spietatezza celata da un gesto falsamente generoso, mentre dall’altro vi è una crudeltà nuda e senza mediazione. In fondo è proprio il film di Fassbinder nel suo complesso a rinunciare ai “filtri” estetici ed empatici di una certa cinematografia hollywoodiana per arrivare immediatamente al cuore critico del dramma. Senza pietà né partecipazione.
La paura mangia l’anima [Angst essen Seele auf, Germania 1973] REGIA Rainer Werner Fassbinder.
CAST Brigitte Mira, El Hedi ben Salem, Anita Bucher, Irm Hermann, Gusti Kreissl, Elma Karlowa.
SCENEGGIATURA Rainer Werner Fassbinder. FOTOGRAFIA Jürgen Jürges.
Drammatico, durata 93 minuti.