SPECIALE DAVID CRONENBERG, II PARTE
Dal profondo della mente
In più d’una occasione Cronenberg ha ripetutamente evidenziato come Brood fosse la sua versione di Kramer contro Kramer.
Conseguenza in parte delle dolorose vicende personali che lo coinvolsero nel periodo precedente la lavorazione del film – sfiorando una battaglia legale per l’affido della figlia dopo la decisione della moglie di trasferirsi in California – tale paragone ha una valore ben più forte, focalizzando in maniera immediata l’attenzione sul registro prettamente melodrammatico della pellicola, aspetto che si affermerà con evidenza ne La Mosca e da lì in avanti segnerà molte delle opere del cineasta canadese. Lungi dal voler affibbiare a Brood una valenza autobiografica, risulta però indicativo che l’idea di base ruoti attorno al tema della famiglia e dei suoi rapporti interni. Nola Carveth, moglie di Frank e madre della piccola Candice, è ricoverata all’Istituto Somafree, dove il Dr. Hal Raglan cura i suoi pazienti attraverso l’innovativa tecnica della “psicoplasmia”. Dopo le misteriose uccisioni dei genitori di Nola e della maestra Ruth, il rapimento della figlia da parte di bambini dalle mostruose sembianze spingerà Frank fino all’edificio in cui la moglie è tenuta in isolamento, scoprendo che le strane creature assassine altro non sono che figli letteralmente partoriti dalla rabbia di Nola, frutto della singolare terapia del medico. Il film del ’79, accolto all’epoca da pareri discordanti e riscoperto poi negli anni, si può oggi considerare un nodo cruciale nel cinema di genere che di certo ha contribuito ad un modo nuovo di fare horror. Una pellicola testimone e partecipe di una rottura rispetto alle apocalissi di Romero o ai massacri di Hooper, in direzione di un orrore più intimo e viscerale, ingravidato dalle ossessioni psicologiche della mente che cancella di Lynch e la cui incubazione e gestazione partorisce i terrori alieni di Scott. Ma Brood è soprattutto un’opera seminale nella filmografia di Cronenberg che con il successivo Scanners – opera dell’affermazione – costituisce il più influente dittico del corpus cronenberghiano, facendo da ponte tra i primi lavori e il periodo della maturità. Reggendosi su quel solido impianto drammatico dall’impostazione classica, il film può contare su di una forte sceneggiatura ed una tensione narrativa totalmente al servizio dell’impresa che caratterizza tutto il lavoro del regista di Toronto e che per la prima volta si fa esplicitamente visibile: dare forma all’immateriale e – citando Canova – «mostrare il non-filmabile». La materializzazione delle somatizzazioni di Nola inaugura dunque il cammino verso “la bellezza interiore”, verso i poteri della mente e l’interdipendenza tra corpo e psiche che seguendo strade tra loro intrecciate giungerà, in una continua ricerca, sino all’ultimo Maps to the Stars, una covata malefica in chiave contemporanea.
Brood – La covata malefica [The Brood, Canada 1983] REGIA David Cronenberg.
CAST Oliver Reed, Samantha Eggar, Art Hindle, Henry Beckman, Cindy Hinds.
SCENEGGIATURA David Cronenberg. FOTOGRAFIA Mark Irwin. MUSICHE Howard Shore.
Horror, durata 90 minuti.