Human Rights Nights, dal 9 al 18 maggio 2014, Bologna
Poetiche del limite
A nove anni di distanza da Paradise Now e dopo la recente incursione thriller di The Courier tra New Orleans e Las Vegas, Hany Abu-Assad volge nuovamente lo sguardo al conflitto israeliano-palestinese, ai gruppi armati e al muro (in)valicabile contro cui s’infrange un amore tormentato. Presentato nel 2013 al Toronto International Film Festival, Omar ha vinto il Gran Premio della giuria a Cannes ed è stato candidato all’Oscar per il miglior film straniero.
Limen/Limes: soglia, ingresso che poteva essere oltrepassato o zona di demarcazione in cui era possibile solo sostare, guardando lo spazio al di là del microcosmo familiare. Omar, giovane fornaio palestinese sceglie di varcare, in un incessante rito di passaggio quotidiano, la frontiera della Palestina occupata e raggiungere la liceale Nadia, adolescente di cui è innamorato e con cui progetta una vita insieme. Con Tarek, fratello di Nadia e Amjad, compagni nella lotta armata contro l’ingerenza dell’esercito israeliano, è legato da profonda amicizia e condivide ideali e utopie libertarie. Fatto prigioniero dopo l’uccisione di un ufficiale, è rimesso in libertà, ma dovrà scegliere se tradire i propri compagni collaborando con le alte cariche d’Israele o sottostare al regime di prigionia che non risparmia torture e umiliazioni di vario genere. Come per Paradise Now, l’idea del regista palestinese è quella di realizzare un introspettivo thriller politico mettendo in primo piano le storie individuali e sullo sfondo la Storia collettiva dei Paesi in rivolta. L’azione concitata, resa da “parkour” tutti americani e inseguimenti senza tregua, è stemperata dal continuo sostare della macchina da presa sui volti dei protagonisti (quasi tutti alla prima esperienza sul set); le sequenze mettono in risalto (re)azioni emotive che corrono sul filo del doppiogioco spionistico. L’influenza di certe pellicole americane produce la paranoia complottista da deriva newhollywoodiana, ma il tono intimista del racconto riverbera, nel claustrofobico “prova a prendermi” in anguste vie di periferia, accenti umoristici e dolcezza di sguardi: un sottile equilibrio tra romantic drama e action frontaliero, commistione stilistica che avvicina il gusto cinefilo statunitense a quello mediorientale. Straordinaria è l’abilità del regista di inscenare, fuor di metafora, anzi, con larghe concessioni al disturbante realismo di spari fuori (e dentro) il campo, inseguimenti, depistaggi e tradimenti fraterni, cacce all’uomo spietate nei territori occupati dal regime. Una poetica del limite, romantica e crudele, in cui la fuga di Omar oltre la barricata nemica è sopravvivenza, esilio forzato o semplice ricerca di un’identità violata dalla separazione culturale e geografica.
Omar [id., Palestina 2013] REGIA Hany Abu-Assad.
CAST Waleed Zuaiter, Adam Bakri, Samer Bisharat, Eyad Hourani, Leem Lubany.
SCENEGGIATURA Hany Abu-Assad. FOTOGRAFIA Ehab Assal.
Drammatico, durata 97 minuti.