Cronaca e intimità
Nel 1993 a West Memphis tre bambini di circa otto anni vengono trovati morti dalla polizia. Dopo alcune brevi indagini ad essere incriminati per gli omicidi sono tre adolescenti metallari, ragazzi che le istituzioni e i cittadini della comunità sembrano voler condannare a tutti i costi, anche se le loro prove non sono abbastanza solide.
Intuendo la situazione, un detective decide di aiutare gli avvocati degli imputati a dimostrare la povertà delle basi sulle quali si fonda l’accusa. Il regista Atom Egoyan racconta la vicenda unendo la cronaca giudiziaria all’analisi dell’evoluzione psicologica di una delle madri in lutto. Tutto sullo sfondo di una bella cittadina circondata da boschi, alberi e laghi, ma abitata da una comunità ipocrita e fanaticamente religiosa che cerca vendetta per i suoi “figli perduti” e che trova i capri espiatori nelle persone più distanti dalle loro credenze e convinzioni. L’autore svela gradualmente tali aspetti osservando i suoi personaggi senza giudicarli, con uno sguardo mai cinico o eccessivamente retorico, complessivamente distante ma mai freddo. L’andamento narrativo pacato e senza particolare pathos, la regia ugualmente attenta ai paesaggi e ai volti dei protagonisti e il malinconico sottofondo musicale ne sono una dimostrazione. Se quest’ottica risulta efficace quando l’autore si concentra quasi unicamente sull’indagine psicologica su uno o più personaggi – come dimostrano lavori pur diversi da questo per modalità narrative e linguistiche quali Il dolce domani e Il viaggio di Felicia –, sembra invece non funzionare quando prova a incrociare l’intimità alla cronaca penale. Infatti, quest’ultima da un lato rischia di sottrarre tempo e profondità all’analisi introspettiva (sufficiente, ma non esemplare), mentre dall’altro non riesce nemmeno ad avere il mordente critico necessario, risultando così il punto più debole dell’opera. Purtroppo Egoyan per raccontare lo svolgimento del caso non adotta né la modalità teatrale/spettacolare di altri film giudiziari, né quella totalmente fredda e distaccata vicina a un certo tipo di documentario, rimanendo così su una linea un po’ sospesa e incerta che non gli fa esprimere completamente la propria indignazione per l’andamento del processo. Di conseguenza, Fino a prova contraria – Devil’s Knot è un’opera che non riesce né a trasmettere empatia né ad analizzare freddamente i fatti e le loro dinamiche, vittima di un’unione e di uno sguardo che in questo caso non funzionano pienamente, neanche sotto il profilo introspettivo e psicologico.
Fino a prova contraria – Devil’s Knot [Devil’s Knot, USA 2013] REGIA Atom Egoyan.
CAST Reese Witherspoon, Colin Firth, James Hamrick, Dane DeHaan.
SCENEGGIATURA Paul Harris Boardman, Scott Derrickson. FOTOGRAFIA Paul Sarossy. MUSICHE Mychael Danna.
Drammatico, durata 114 minuti.