“Intesi ch’a così fatto tormento enno dannati i peccator carnali”
Un colpo di pistola su schermo nero e il rumore di passi che corrono via. Così finisce il secondo capitolo di Nymphomaniac che conferma, qualora ce ne fosse ancora bisogno, il talento visionario e spiazzante di Lars von Trier, la sua capacità di scavare nei meandri della psiche e della società alla ricerca del rimosso, del perturbante, delle pulsioni ripudiate e inconfessabili.
La discesa agli inferi di Joe, privata di qualunque rassicurante spiraglio di luce, è completa: nel mare di nero pessimismo esistenziale affonda anche l’ultima possibile zattera di solidarietà umana, con il colto Seligman che cede alle brame del basso istinto, naufraga la flebile fiammella dell’ottimismo, il profittatore vince sul buon samaritano. Cambia il corpo della protagonista, dalla giovanissima Stacy Martin a una Charlotte Gainsbourg, non più solo narratrice, che ci dona un saggio di totale abnegazione attoriale. Immutato invece lo sguardo da entomologo di von Trier nel raccontare il crescendo patologico e nichilista di Joe: consapevole prigioniera nella spirale della ninfomania, si abbandonerà a rapporti sempre più compulsivi che finiranno per inibirne la capacità orgasmica, fino a spingersi agli estremi della sopportazione fisica (il legame sadomasochistico con K.), morale (l’abbandono del figlio piccolo, l’attività malavitosa) e psicologica (il rapporto ambiguo con la sua futura alter ego P., l’ultimo incontro con Jerome). Rispetto a Vol. I, von Trier cerca maggiormente il coinvolgimento emotivo dello spettatore e, pur mantenendo una forte dose di straniamento, riduce i momenti meta-narrativi e le digressioni dell’intellettuale e (apparentemente) asessuato Seligman, per invischiarci inesorabilmente nel calvario di Joe, un racconto che nel capitolo finale tende quasi al noir, la cupa parabola vietata ai minori di un vangelo apocrifo. Tra l’immagine della Vergine trasfigurata nella dissoluta Messalina, tra la successione di Fibonacci e “l’anatra silenziosa”, in un continuo vortice tra vette sapienziali (Zenone, Bach, Brecht) e richiami cult (Bond e la sua pistola Walther PPK), non mancano numerosi rimandi cinematografici (da Tarkovskij alle opere letterarie che ispirarono la Trilogia della vita di Pasolini come implicito omaggio al suo film più disturbante, Salò, certamente tra le fonti d’ispirazione di von Trier), fino alla ridondanza dell’autocitazione (l’inizio di Antichrist).
Nymphomaniac come ambiziosa summa dell’opera di von Trier, quasi un prequel allucinato di Melancholia, l’amaro e definitivo epitaffio sui resti di una società impregnata d’ipocrisia in cui si è persa ogni fiducia nell’altro, in un possibile riscatto. Nell’attesa della meritata e inesorabile Fine, un geniale e provocatorio regista danese, i suoi fantasmi e le sue ossessioni: il cinema non come cura, ma come unico, necessario palliativo.
Nymphomaniac – Volume 2 [id., Danimarca/Germania/Gran Bretagna/Belgio 2013] REGIA Lars von Trier.
CAST Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Jamie Bell, Shia LaBeouf, Stacy Martin.
SCENEGGIATURA Lars von Trier. FOTOGRAFIA Manuel Alberto Claro. MUSICHE Kristian Eidnes Andersen.
Drammatico/Erotico, durata 123 minuti.