SPECIALE CYBERPUNK/MEMORIE SINTETICHE, II PARTE
Gloria e vita alla nuova carne
Serge Grünberg scrive: “La trasmissione Videodrome è una sorta di regno di forma i cui spettatori sarebbero diventati le ombre proiettate”. Il velo di Maya è stato strappato, fondendo definitivamente realtà e illusione.
Videodrome può essere considerato a tutti gli effetti il manifesto del cinema di Cronenberg, “un cinema che non appartiene più all’apparenza”, dal momento che la potenza virale delle immagini contagia lo spettatore dall’interno, creando un intimo coinvolgimento, fino ad annullare la tipica distanza della rappresentazione. Toccherà quindi a chi assiste fare i conti poi con quel “demone materiale” – citando ancora il critico francese – che attecchirà alle fondamenta, rendendo concreto il disagio. D’altronde, fulcro della riflessione cronenberghiana è da sempre il corpo, materico e tangibile, trasfigurato e profanato in tutte le sue mutazioni, attraverso un processo irreversibilmente allucinatorio. E l’allucinazione, in quanto interpretazione del reale, annulla l’oggettività, nega un punto di vista onnisciente e, nell’indistinguibilità dei piani di realtà, destabilizza lo spettatore, persuadendolo ad abbandonarsi ai tanti mondi possibili partoriti dalla mente di Cronenberg. Le visioni di Max Renn, direttore della Civic Tv, sono causate da un segnale video sconosciuto che mostra torture ed omicidi in diretta: spettacolo perfetto per la piccola rete di Max, profondamente attratto dalla forza della trasmissione. Il virus, questa volta, giunge dunque via cavo, e la televisione diviene il condotto per il dilagamento del contagio. In un delirio paranoico, in cui Max viene vorticosamente risucchiato, la realtà risulta essere, come ricorda il Prof. O’Blivion, nient’altro che la “percezione della realtà”. La risposta alle allucinazioni non va più cercata nelle immagini mostrate, specchio dei propri desideri e volontà, ma nel loro contenitore, in quelle tv e videocassette pulsanti ed ansimanti. Il mezzo televisivo, in Videodrome, diventa carne, sangue e viscere, massa suadente ed eccitante. “La televisione che ti porti a letto” è ormai essa stessa l’oggetto delle perversioni e dei piaceri di Max, una video-allucinazione che intacca il cervello umano con escrescenze carnose tumorali. Il verbo di McLuhan si fa cinema: “ogni nuovo media è un’estensione del nostro corpo”. La fusione è allora completa, il corpo è irrimediabilmente infetto e la veridicità dell’immagine è ormai alterata. Un nuovo spettatore è pronto a nascere in un suo corrispettivo televisivo, e noi con lui, in una visione – che come scrive Gianni Canova – inquieta perché ci fa “sentire” già all’opera, qui e ora, durante la visione di Videodrome, testimoni oculari dell’avvenuta profezia di O’Blivion: “La televisione è più che la vita”.
Videodrome [id., Canada 1983] REGIA David Cronenberg.
CAST James Woods, Sonja Smits, Deborah Harry, Leslie Carlson, Jack Creley.
SCENEGGIATURA David Cronenberg. FOTOGRAFIA Mark Irwin. MUSICHE Howard Shore.
Fantascienza/Horror, durata 87 minuti.