South of Heaven
Chris Brinker, produttore della saga The Boondock Saints, esordisce alla regia con un tributo al realismo hard boiled. Dal pulp irriverente degli “illuminati” irlandesi al gangster drama di Baton Rouge, dove la metà del cielo è oscurata da una legge sempre più criminale.
Al centro della scena Willem Dafoe, con baffi e fucile spianato, cavaliere errante che conduce una personale quaestio al confine tra giustizia e vendetta. Dopo il campo lungo sulle paludi solitarie di Whiskey Bay, la panoramica avvolgente trasforma il solitario ecosistema in metafora di una ricerca labirintica: acquitrini paludosi e spazi angusti tra gli inserti naturalistici. La voice off è quella del protagonista che, con tono predicatorio, declama un requiem all’inferno malavitoso di Dixie. Stacco e cambio di scenario: in seguito alla cattura di due trafficanti di oggetti preziosi, Willem “Bud” Dafoe sperimenta il “metodo Callaghan” nella camera degli interrogatori, sbattendo ripetutamente un criminale contro il muro. Occhi iniettati di sangue e scatti nervosi. Il primo lavoro di Brinker, deceduto nella fase di post-produzione, inizia come un poliziesco canonico ispirato a fatti reali, ma presto si trasforma in prison movie cadenzato nel ritmo e sporcato dall’estetica amatoriale, fino a divenire frenetico “guardia e ladri” col tono elegiaco del crime drama; gli affari di famiglia e i conflitti personali si risolvono in estemporanei giochi di sguardi, veloci primi piani e sagome al centro del mirino. Nessuna enfasi sul rapporto a due che annulla il dualismo bene-male. Bud e Jesse (Matt Dillon) parlano poco, si avvicinano e poi si allontanano, l’uno integerrimo tutore della legge, l’altro letale mercenario al soldo di un’organizzazione neonazista, divenuto, dopo un repentino arresto, informatore della polizia. Per proteggere moglie e figlio stretti nell’alveo delittuoso del boss Adams (Tom Berenger), Jesse Weiland si allea con Bud per sgominare la rete fuorilegge e salvare dodici influenti bersagli nella black list dei killer. Se il noir classico è solo questione di atmosfera, nel film di Brinker, pur con la presenza di un doloroso antieroe, contano l’adrenalina e lo scontro a fuoco, nel totale azzeramento delle metafore filosofiche care a Mankiewicz. La giustizia del vendicatore si risolve presto, tra assedi e revolverate, in una caccia all’uomo vorticosa e senza pathos. In chiusura, la citazione agostiniana pronunciata in modo sentenzioso dalla stessa voce del poliziotto conferma il tono apologetico di un film saturo e congestionato, con una scrittura a tratti discontinua. Nella baia annegata dal whiskey e contaminata da scie sanguinose “odiare è come bere veleno sperando che un altro muoia”.
Affari di famiglia – Bad Country [Bad Country, USA 2014] REGIA Chris Brinker.
CAST Willem Dafoe, Tom Berenger, Matt Dillon, John Braymer, Patrick Brinker, Amy Smart.
SCENEGGIATURA Jonathan Hirschbein, Tom Abernathy, Mike Barnett, Don “Bud” Connor. FOTOGRAFIA Zoran Popovic. MUSICHE Jeff Danna, John Fee.
Azione, durata 95 minuti.