Debole è chi resiste
Dopo l’ottima prova di Stella, ormai risalente al 2008, Sylvie Verheyde torna dietro alla macchina da presa adattando (e non è la prima) il romanzo di Alfred de Musset La confession d’un enfant du siècle, testimonianza di un periodo storico – il secondo Ottocento – di fondamentali transizioni culturali.
Se al centro di Stella era la vita di una bambina, protagonista di Confession d’un enfant du siècle è un giovane della ricca borghesia post-napoleonica alle prese con l’amore adulto. Quando Octave sorprende la propria fidanzata a tradirlo con un caro amico, l’impatto della sua delusione è tale da porlo di fronte a un dubbio amletico: perdonare lo sgarbo – egli è incapace di continuare ad amarla, ma non può vivere senza di lei – o abbandonare l’idealismo dei sentimenti, per accompagnare il ricco e disilluso Desgenais nelle seducenti spire del libertinaggio. Prevale, come prevedibile in ogni racconto di formazione, l’opzione meno rassicurante, che qui non è soltanto sintomo di uno sbandamento giovanile, ma segno tangibile di un’epoca in piena trasformazione, come più di una volta sottolineato dalla voce fuori campo del protagonista: la sua generazione attraversa una fase di passaggio, oramai libera dalla guerra e totalmente orientata all’interesse privato, in progressivo allontanamento dai puntelli della tradizione – religione compresa – e tutta orientata al piacere e arricchimento personali. In questo vortice di sensi e sollazzi, a fare la parte del debole non è chi si abbandona, ma precisamente chi resiste, poiché ogni resistenza è solo una falsa coscienza con cui mascherarsi dalla realtà del mondo. La cultura romantica è ormai alle spalle degli uomini, prossima a scivolare nel decadentismo dove tutto diviene relativo, l’amore è un’esperienza chiaroscurale, la società si ammala di malinconia. Così quando Octave, scosso dalla morte del padre, si ritira in campagna in cerca di un nuovo equilibrio, l’innamoramento ricambiato per Brigitte, vedova più anziana di lui e di straordinaria sensibilità, non basta a salvarlo dallo smarrimento di gelosia e tristezza che ormai ha contagiato il suo tempo. Dotata di grande attenzione per l’impianto visivo e l’atmosfera di luce e colori con cui modella la propria opera, capace anche di suggestive risonanze tra tempo del racconto e contemporaneità, Sylvie Verheyde si trova tuttavia a gestire un film discutibile e venato da molte falle: quello che manca alla sua storia è la capacità di distaccarsi dalla pagina scritta e, con l’intensità di Stella, donare all’azione la vita. I pochi momenti di emozione sono affidati alla sempre brava Charlotte Gainsbourg, il cui talento non compensa però la pessima scelta di Pete Doherty come protagonista.
Confession d’un enfant du siècle [id., Francia 2012] REGIA Sylvie Verheyde.
CAST Pete Doherty, Charlotte Gainsbourg, August Diehl, Lily Cole.
SCENEGGIATURA Sylvie Verheyde (tratta dall’omonimo romanzo di Alfred de Musset). FOTOGRAFIA Nicolas Gaurin. MONTAGGIO Christel Dewynter
Drammatico, durata 125 minuti.