Cicatrici di immensa umanità
La vita di Ryota, della moglie Midori e del figlio Keita sembra tranquilla. Lui impegnato in un lavoro che lo gratifica ma che gli impedisce di passare troppo tempo con la famiglia, lei dolce custode del focolare e Keita, studente modello e pianista provetto.
Un giorno arriva una telefonata dall’ospedale che sei anni prima aveva accolto Midori per il parto. Le dicono che c’è stato uno scambio fra due bambini nati lo stesso giorno. Keita, dunque, non è il loro figlio naturale. In un Giappone lontano anni luce dalle fantasticherie esplosive dei vari Miike e Tsukamoto, il regista Hirokazu Kore-eda racconta una storia di un’umanità terribile, che fa quasi paura se per un attimo rompiamo la quarta parete e ci sostituiamo ai personaggi. Una civiltà dall’aspetto occidentalizzante ma dal’anima profondamente asiatica è lo scenario perfetto per indagare i sentimenti di due famiglie socialmente lontane che si avvicinano grazie, o per colpa, di un abuso perpetrato nell’ospedale. Serve una spinta drammatica imprevista affinché la consapevolezza di quello che si ha emerga pienamente, sembra la lettura più semplice e immediata di un’opera misurata, sintetica ma efficace, caratteristica propria dei grandi narratori da Carver ad Auster. Kore-eda, autore anche della sceneggiatura, descrive magnificamente un territorio diviso dal denaro e dalla ricerca del successo ma che mantiene sempre al centro la famiglia come nucleo imprescindibile. Quando Ryota e Midori incontrano i genitori che per sei anni hanno cresciuto il loro figlio naturale, questa divisione provoca uno scompenso alla parte umanamente più debole de quadro: Ryota. In quel momento, vedendo una realtà quasi totalmente mossa da necessità pratiche e da sentimenti palpabili, si accorge di essere stato un fantasma, di aver indossato una divisa, quella del padre, senza essersi mai preoccupato di cosa questo implicasse. Il suo successo passa da un’alienazione, anche questa prettamente occidentale, derivata dalla dedizione al Dio lavoro, quella che non tocca minimamente l’altro padre, tuttofare dolce e estroverso. Si rimane abbagliati dal modo in cui il dramma sia descritto nella sua parte più viva e meno pietosa; ci si accorge solo ascoltando il battito del cuore dei personaggi di quanto l’apparente normalità con cui viene affrontato lo scambio dei bambini fra le famiglie celi un dolore sopito eppure enorme. In questo il film si distacca nettamente dal dramma Occidentale: lavorando per sottrazione lascia che siano gli spettatori a riempire il tempo prima che una frase, una parola crei una frattura, una cicatrice, nella storia e nel nostro arido cuore.
Father and Son [Like Father Like Son, Giappone 2013] REGIA Hirokazu Kore-eda.
CAST Masaharu Fukuyama, Yoko Maki, Jun Kunimura, Machiko Ono, Kirin Kiki.
SCENEGGIATURA Hirokazu Kore-eda. FOTOGRAFIA Mikiya Takimoto. MUSICHE Takeshi Matsubara, Junichi Matsumoto, Takashi Mori.
Drammatico, durata 120 minuti.