“At the mountains of madness”
Nel profondo silenzio degli Appalachi una setta gregaria inneggiante all’azione salvifica dello Spirito Santo nasconde un terribile segreto. Ai primordiali e tentacolari Antichi immaginati da Lovecraft, si sostituiscono mostri umani corrotti dalla violenza e dal sangue.
Ispirato dal documentario in bianco e nero di Peter Adair, il regista Mitchell Altieri insieme a Phil Flores, autore del soggetto e della sceneggiatura, realizza con ritmi frenetici e riprese convulse un thriller a sfondo horror sull’isterismo della fede e sul fanatismo religioso di una comunità pentecostale sperduta nel West Virginia. Nel 1967 l’istanza documentale di Adair aveva saputo raccontare, con piglio antropologico, la sinossi di una delle più importanti congregazioni religiose del pentecostalismo americano, attraverso testimonianze dirette degli adepti, insistenza su dettagli ed elementi scenografici del rituale (serpenti ammaestrati, danze cariche di invasamento mistico). Per uno strano paradosso il docufilm terminava con la morte del predicatore, morso dal serpente che avrebbe garantito la liberazione dalle potenze infere. Nella versione di Altieri, indistinguibile per forma e contenuti dai tanti lungometraggi a tema magico-rituale (dal capostipite The Wicker Man al Signore delle illusioni), il parossismo dell’azione si coniuga ad un’estetica rarefatta in cui, centro focale degli avvenimenti, è la scomparsa di Liz, partita per raggiungere la Chiesa del comune accordo di Scrabble Creek e mai tornata. Charlotte, la sorella diciannovenne, aiutata da un ex marine, raggiunge la piccola comunità sperduta per far luce sul mistero. Nella “sugar mountain” in cui giungono, non trovano addobbi festivi e clown, come cantava Neil Young nell’omonimo pezzo intonato dal predicatore ed ex galeotto Billy, ma solo morte e desolazione. Tra i boschi si respira l’ebbrezza della fine, coincidente con la purificazione cerimoniale, accarezzata dalle squame dei serpenti usati nei rituali e squassata dalle fruste che dilaniano i penitenti. La sceneggiatura mira all’esibizione della spettacolarità liturgica senza curarsi dello scavo psicologico dei personaggi imbalsamati nei rispettivi ruoli: il selvatico eroe, la ragazza ex tossicodipendente sulla via della redenzione, il delirante predicatore messianico. Ai flashback che svelano il passato di Charlotte si inframezzano stralci documentaristici e sequenze concitate, grazie ai veloci stacchi di macchina e al montaggio alternato. Virtuosismi che concedono, tuttavia, pochi cambi di ritmo narrativo, nonostante il finale al cardiopalma. Qualche azzeccato guizzo visivo, ma non lascia il segno.
Holy Ghost People [Id., USA 2013] REGIA Mitchell Altieri.
CAST Emma Greenwell, Joe Egender, Brendan McCarthy, Cameron Richardson, Don Harvey.
SCENEGGIATURA Kevin Artigue, Joe Egender, Mitchell Altieri, Phil Flores. FOTOGRAFIA Amanda Treyz. MUSICHE Kevin Kerrigan.
Thriller/Horror, durata 88 minuti.