SPECIALE TRUE DETECTIVE
Attraversare la visione
Fin dal primo, raggelante episodio, True Detective innalza barriere che interdicono l’ingresso a molti: fedele ai meccanismi del thriller poliziesco, esso li viola dall’interno producendo immediatamente un effetto di svaporato spiazzamento. È una dimensione obliqua del racconto, uno sconosciuto punto di non ritorno, un investimento incommensurabile sulla percezione che lo spettatore ha di ciò che vede e ascolta.
Questo impressionante proposito, che molti hanno voluto fraintendere – falle e inceppamenti narrativi, inverosimiglianze, dissolvimento delle psicologie – si manifesta nell’azione correlata di scrittura e regia, capaci di unire le forze nella produzione di un apparato visivo che, ingannando i canoni del pop senza mai sottrarsi a esso, permettono alla serie tv di sconfinare nel cinema e farsi immaginario. Suona dunque legittimo, pur nelle evidenti differenze, associare True Detective a Twin Peaks: perché Nick Pizzolatto, come David Lynch, si pone il problema di quello che dietro al racconto e all’immagine si cela in termini di possibilità, esasperando in chi guarda la progressiva consapevolezza che ogni parola e inquadratura trascendano l’immediatezza delle circostanze rappresentate per dischiudere un significato ulteriore. Il lavoro di Cary Fukunaga è, in questo senso, quello di un autore a servizio della scrittura: la sua regia asseconda anzitutto il clamoroso spam immaginifico che la serie esprime fin dal pilot, mascherandolo da allegorico gioco degli indizi. Fondamentale, inoltre, è la rappresentazione che si fa del paesaggio, radicalizzando la Louisiana come luogo totale, voce desolata e onnipresente, presenza soffocante e in disfacimento che attraverso ridondanti inquadrature aeree sembra prescindere dal tempo e dalla scansione del racconto. Accade infine che la regia, costruita su meccanismi di forte discontinuità spettacolare, si libri in un miracolo televisivo senza precedenti: uno sconcertante piano sequenza di sei minuti, prossimo a Michael Mann, posto esattamente al centro della serie. È un momento topico per la capacità con cui Fukunaga va a dissolvere tutti gli opposti della scena: l’istante e la durata, il micro e il macro, la luce e il buio, il dentro e il fuori – “In and out!”, continua a urlare Rustin; la realtà si volatilizza, subentra al suo posto la lisergica rappresentazione di un sogno. Siamo al capolinea, già catapultati sul racconto con cui Rustin chiuderà l’ottavo episodio. Le manipolazioni sul genere collassano in una dimensione metafisica, tutti gli omicidi, le indagini, gli inseguimenti e l’azione rivelano il centro profondo di True Detective: il lavoro inesauribile della coscienza dell’uomo, la possibilità di sopravvivere al risveglio dopo la visione che lo ha attraversato.
True Detective [id., USA 2014] IDEATORE Nic Pizzolatto. REGIA Cary Fukunaga.
CAST Matthew McConaughey, Woody Harrelson, Michelle Monaghan, Tory Kittles, Michael Potts, Kevin Dunn, Alexandra Daddario.
Crime, durata 60 minuti (episodio), stagioni 1