SPECIALE TRUE DETECTIVE
Vedere l’oscurità
Al principio c’è il ritrovamento del cadavere di una donna, uccisa seguendo quello che sembra essere un rito satanico, una scoperta che apre degli squarci sulla superficie di un territorio lontano dalla brutalità manifesta da quel ritrovamento.
Lo scavo di questo incipit nelle sue potenzialità narrative è fascinatorio e misterioso, divide il suo sguardo volgendo anche particolare interesse al rapporto che nasce e s’intensifica tra i due detective incaricati al caso. La struttura del racconto segue due linee parallele ma comunque sempre in procinto d’incontrarsi nonostante esse siano disposte su piani temporali differenti: l’allora – il 1995 dell’inizio delle indagini – e l’ora – il 2012 momento in cui altri due agenti interrogano i protagonisti per ricostruire le vicende avvenute –. In mezzo ci siamo noi, spettatori delle videodeposizioni di Rust e Marty ma anche dei fatti avvenuti in quel passato che concluso non è, sentiamo le ricostruzioni dei due ex colleghi e allo stesso tempo il reale svolgersi dei fatti, due versioni di una storia la cui univocità è negata. Una struttura che al principio spiazza, tra lo ieri e l’oggi, e in cui a reggere la comprensione sono le trasformazioni – fisiche e non – dei due protagonisti: di puntata in puntata lo spettatore viene rassicurato con spazi riconoscibili (le due sale degli interrogatori divengono i luoghi in cui tutta la vicenda riverbera) in un moto continuo tra anticipazione ed elaborazione della suspense a cui tutto porta a quel fatidico 2002, anno in cui i due colleghi si sono separati e dal quale sembra non esserci un punto di ritorno. La scansione temporale diviene àncora per districare una narrazione che vede le intrigate fila di una vicenda che mischia indagini sull’omicidio con quelle dell’animo dei due detective, a tratti talmente slegate, queste due linee di racconto, come in altri momenti talmente in simbiosi da essere impossibili da identificare se non come un humus indistinto di un’umanità che fermenta sotto il sole della Louisiana nell’oscurità delle proprie azioni. True detective riesce a mantenere una narrazione compatta anche quando i rami delle indagini propendono sempre più verso un piano indistinto di fatti solamente evocati, ma sono le figure del mostro e del demoniaco a rimarcare la forza fascinatoria dell’indistinto misterico, soprattutto quando questo è reale, con fatti impossibili da osservare perché non immaginari, empirici. È la potenza di ciò che s’immagina a ordinare l’oscuro caos umano che regna in True Detective, e che la narrazione seriale esemplifica con la sua anticipazione e sospensione, elaborare la fascinazione di un mistero costantemente riproposto come immaginario, perché come diceva Lovercraft “la paura più grande è quella dell’ignoto”, e che in questo caso diviene terrore di ciò che è presente tra noi e in noi, la paura anche della sola possibilità dell’esistenza di un’oscurità.
True Detective [id., USA 2014] IDEATORE Nic Pizzolatto. REGIA Cary Fukunaga.
CAST Matthew McConaughey, Woody Harrelson, Michelle Monaghan, Tory Kittles, Michael Potts, Kevin Dunn, Alexandra Daddario.
Crime, durata 60 minuti (episodio), stagioni 1