22 MARZO, OMAGGIO A NINO MANFREDI
Viva viva Sant’Eusebio
Con una complessa struttura a flashback, anche uditivi e innestati uno nell’altro, dove tutto si tiene, un ritmo invidiabile, senza cedimenti, un puntuale accompagnamento musicale e una mdp molto mobile, che zoomma spesso e volentieri, come si usava all’epoca, Per grazia ricevuta di Nino Manfredi racconta retrospettivamente la vita dell’ingenuo Benedetto Parisi, interpretato, con la solita bravura, dallo stesso Manfredi.
Benedetto è decisamente un antieroe: miracolato da bambino, dopo una brutta caduta, vive tutta la sua giovinezza sui monti insieme ai frati. Non conosce il mondo e forse neanche gli interessa più di tanto.
All’inizio del film lo troviamo, adulto, ricoverato d’urgenza in ospedale, con al capezzale una donna che sembra la sua compagna, Giovanna. Solo verso la parte finale scopriamo come fa Benedetto a conoscerla: è la figlia del farmacista Oreste, gioviale e un po’ filosofo, nel quale Benedetto, orfano sin da quando era un bambino scettico nei confronti della religione e molto vivace, trova una figura paterna a cui affezionarsi. L’efficacia con cui la poesia dell’infanzia, i giochi, le corse, quell’energia che non torna più, ci vengono restituiti anticipa l’ironia e la tenerezza dell’Amarcord felliniano. Manfredi regista racconta i suoi personaggi con la stessa umanità che da attore ha regalato a tutti i ruoli della sua lunga carriera. E il percorso di Benedetto non è il risultato del solito trasformismo all’italiana. In ospedale, nel tempo presente del racconto, c’è anche la madre di Giovanna, che è il personaggio negativo della storia – chiede la grazia di far morire Benedetto – ed è associata al valore della fede cattolica, quindi in contrasto con il tono ironicamente anticlericale e ateo del film, espresso un po’ didascalicamente dai discorsi anticonformisti e laici di Oreste. Benedetto è un personaggio scisso (come dice a Oreste “me sento due, due che stanno sempre a litigà”), al centro di questo scontro tra fede e ragione, una scissione esemplificata perfettamente nella scena in cui, fuori di sé, canta una canzone sconcia (scritta da Manfredi), coprendo con la sua voce il coro dei frati. Colpisce positivamente come Manfredi riesca a sviluppare queste tematiche molto serie in questa commedia a tutti gli effetti, con tanto di personaggi di contorno buffi e dalla parlata dialettale (c’è anche Enzo Cannavale, tra gli altri interpreti). Per grazia ricevuta, dunque, ci ricorda come il cinema italiano degli anni Settanta fosse ancora capace di raccontare storie mantenendosi in contatto con la realtà e con i grandi temi della vita, senza rifugiarsi in masturbazioni d’autore o in reazionari aggiornamenti del cinema dei telefoni bianchi. Bei tempi!
Per grazia ricevuta [Italia 1971] REGIA Nino Manfredi.
CAST Nino Manfredi, Lionel Stander, Delia Boccardo, Paola Borboni, Mario Scaccia.
SCENEGGIATURA Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Luigi Magni, Nino Manfredi. FOTOGRAFIA Armando Nannuzzi. MUSICHE Maurizio De Angelis, Guido De Angelis.
Commedia, durata 122 minuti.