“Jungleland”
Scivola in una sporca notte parigina, tallonato dalla disciplinare e scortato da un misterioso sottobrigadiere. É Simon Weiss, comandante della brigata mobile Mondaine, un cittadino “al di sopra di ogni sospetto” nel cupo noir di Philippe Lefebvre..
Se l’avesse girato Michael Mann le “strade violente” sarebbero state quelle piovose di Chicago, ma Lefebvre, attore e regista col poliziesco nel sangue, sceglie Parigi e i suoi viveurs degenerati: cosche criminali dedite al narcotraffico e allo smistamento delle licenze per il gioco d’azzardo, ministri, alti funzionari corrotti, pusher che fanno del travestitismo la propria maschera sociale. Un mondo grottesco in cui la logica mercantilistica del do ut des è l’ultima e più comoda via per farsi largo nella giungla d’asfalto, tra bische clandestine e locali illuminati al neon. Simon Weiss lavora per la Buoncostume e, in cambio di licenze e protezione, accetta pagamenti e tangenti, aiutato dai suoi informatori e invischiato in loschi traffici che lo rendono appetibile bersaglio per la disciplinare già sulle sue tracce. Per aiutare Jérome, il figlio del suo grande amico Garcia, gestore di molti locali notturni sotto la sua ala protettiva, rimane impelagato in un caso di spaccio che coinvolge Gorski, un subdolo avvocato di una cricca criminale e altri poco raccomandabili soggetti pronti a tutto pur di bloccare le sue indagini. Dall’oscurità di una notte senza fine alle prime luci dell’alba, il duro e spietato Weiss dovrà districarsi tra losche trame e tradimenti inaspettati, fino allo spiazzante colpo di scena finale. Partito come un thriller sulla scia de I padroni della notte di James Gray, si tramuta ben presto in un noir a tinte fosche, un western metropolitano in cui la regia controllata e un dosaggio perfetto tra dialoghi e azione consentono al regista un dichiarato omaggio al polar francese seventies, dove la metropoli e le sue strade lastricate di corruzione diventano spazi pulsanti e veri protagonisti della storia. Tra l’iperrealismo di Michael Mann e le tinte accese “hard boiled” incollate sulla figura ruvida e spietata del poliziotto senza paura, Lefebvre rappresenta un oscuro scenario urbano in cui vige solo ambivalenza e mai demarcazione netta tra lecito e illecito. Il film, pur senza sprazzi di originalità e con una tensione che talvolta fatica ad esplodere, è retto da un’avvolgente regia con macchina a spalla che segue il detective, un Roschdy Zem in stato di grazia, indagando ogni mimica facciale, gesto e parola. Il mondo esterno scompare, rimangono solo la notte e le sue strade poco illuminate. Un tetro carnevale cittadino in cui, come dice lo stesso Weiss “la vita è al rovescio”.
Una notte [Une nuit, Francia 2012] REGIA Philippe Lefebvre.
CAST Roschdy Zem, Sara Forestier, Samuel Le Bihan, Grégory Fitoussi, Jean-Pierre Martins.
SCENEGGIATURA Simon Michael, Philippe Isard, Philippe Lefebvre. FOTOGRAFIA Jérôme Almeras. MUSICHE Olivier Florio.
Poliziesco, durata 100 minuti.