SPECIALE RAPE & REVENGE
“Secondo me la donna e l’uomo sono destinati a rimanere assolutamente differenti. E contrariamente a molti io credo che sia necessario mantenerle se non addirittura esaltarle queste differenze. Perché proprio da questo scontro incontro, tra un uomo e una donna, che si muove l’universo intero” (Secondo me la donna, Giorgio Gaber)
Samuel Beckett in Non io racconta una donna, Bocca, senza corpo, né volto, ridotta “al solo orifizio boccale” (vaginale), rappresentazione dell’assenza di ruolo politico, sociale, culturale della donna. “Questo sesso che non è un sesso”, scrive Luce Irigaray, e infatti la donna è stata ridotta al Buco, alla Mancanza (del fallo), costretta dal destino biologico ad essere oggetto nelle mani dell’uomo, e su questa “deficienza” si costruisce la supremazia maschile e la sudditanza femminile. Tale condizione viene rappresentata allegoricamente dal sottogenere dell’exploitation Rape & Revenge – nato negli anni 70 negli Stati Uniti, diffusosi poi negli altri paesi –, in cui prima c’è l’umiliazione della Donna perpetrata dal Maschio, timoroso della castrazione, lo stupro, poi la vendetta. Botte, sangue, inquadrature che lasciano poco all’immaginazione (si pensi alle penetrazioni di Thriller: en grym film) sono metafora di tutti i soprusi patiti dal “Secondo sesso”. Nella prima parte c’è lo stupro*, la sintesi perversa e animale di tutte le violenze – quella quotidiana, della scienza, dello sguardo, delle parole e dei gesti, come dice Franca Ongaro Basaglia in Un processo per stupro –, le umiliazioni, che colpiscono la donna in un fallace gioco di specchi. Nella seconda parte la vendetta, brutale, sanguinosa, talmente tanto esagerata, da diventare onirica e incredibile (Thriller en grym film e L’angelo della vendetta). Una donna viene rapita, picchiata, violentata, da uomini che hanno il diritto di stuprarla, perché lei è di loro proprietà, non di se stessa. Il Maschio, solo in parte genitalità, è azione, pensiero, politica, e con quest’atto riconferma il suo potere, la sua appartenenza alla società fallocratica, per la quale Lei è ontologicamente “pura fica”. Durante le violenze di I spit on Your Grave, caposaldo del genere, si esemplifica il rapporto vittima-carnefice: il branco la stupra, la sodomizza, la umilia; importante è il linguaggio usato dal gruppo che la chiama cavalla, puttana, perché è indipendente, “aperta”, vogliosa. La protagonista sopravvive, pronta alla vendetta, non ci sono parenti o amanti giustizieri – La fontana della Vergine, L’ultima casa a sinistra e Irréversible – ma è lei che diventa soggetto. Perché dunque uno speciale di questo tipo proprio oggi? Avremmo raccontato una donna a metà se le avessimo messo in mano una mimosa, sulle labbra un falso sorriso, perché problemi di Genere ce ne sono ancora. Questa scelta non è irriverente nei confronti delle vittime e della donna, ma anzi si vuole ricordare in una sorta di cura Ludovico tragica e schifosa una barbarie che purtroppo martorizza, lede e tortura la donna, il suo corpo, la sua psiche ancora oggi.
* Deriva dal latino stuprum che vuol dire onta, disonore, vergogna. Disonore per chi? Il tutto si sposta da chi compie l’atto a chi lo subisce. La donna il più delle volte si sente profondamente, ingiustamente e dolorosamente colpevole. Si pensi che lo stupro era considerato reato contro la morale non contro la persona fino al 1996.