SPECIALE RAPE & REVENGE
“Jenny pioggia di sangue”
Era il 1978 e la petite mort grandguignolesca filmata da Meir Zarchi, dopo pietre miliari come lo svedese Thriller – en grym film, avrebbe delimitato e codificato stile e linguaggio del cinema estremo e del Rape & Revenge in particolare.
Prima di I Spit on Your Grave ci furono Cane di paglia e L’ultima casa a sinistra, poi, sulla scia della shock exploitation statunitense le storie di violenza e riscatto proliferano a Hong Kong, mentre in Italia si sviluppano le stesse tematiche coi vari Deodato, Prosperi e Lado, ma forse capostipite assoluto è l’esemplare agiografia narrata da Bergman ne La fontana della vergine, pur ancorandosi a un differente retroterra filmico. Brutali e spietati, i 93 minuti dell’opera prima di Zarchi, raccontano supplizio ed estasi di una scrittrice newyorchese in ritiro vacanziero per dedicarsi, complice la serafica quiete boschiva, alla stesura del suo romanzo e subito braccata da quattro aguzzini che la scrutano da lontano e infine la violentano crudelmente tra gli acquitrini solitari del Connecticut. La sua vendetta sarà cieca e grondante sangue. Come un exemplum profano sulla martirizzazione, anche il controverso imperativo del titolo italiano, Non violentate Jennifer, assurge a monito biblico che riecheggia ataviche leggi del taglione. Dopo la sadica tortura, l’angelo della morte si abbatte sui carnefici con furia analoga ma con slancio omicida più sistematico, quasi un meditato rito ancestrale. L’azione maschile (stupro di gruppo) esplicita senza stacchi di macchina il crudo realismo di una caccia selvaggia, mentre la reazione femminile (vendetta seguente) reifica le pene dantesche per analogia e commina tormenti che annientano la selvaggia libido dell’uomo-animale. L’ostentazione di un voyeurismo onnicomprensivo, reso plasticamente da camera fissa e nudi studiati, apre la spartana e spoglia rappresentazione visiva al perturbante, senza musica e con soli rumori di scena, nel momento in cui la Jennifer moribonda si rialza, vestita col nero della sposa truffautiana e si reca in chiesa per ufficializzare ritualmente la personale faida. Poi, cambiandosi d’abito, diventa vergine assassina avvolta in una candida e seducente mise. Nero su bianco, alterazione cromatica che segue la trasformazione della donna, da vittima a sua medesima e feroce nemesi. Uno sdoppiamento fisico e spirituale suggella la ritorsione per la violenza subita, ma l’esca per attirare i quattro è sempre la stessa, una sensualità ammaliante e letale. Ogni peccato nasce nel sangue e nel sangue sprofonda inesorabilmente, così come il supplizio e la sopraffazione che nella vendetta si trasformano in estasi sanguinolenta. Da vedere o solo sopportare, rimane un cult scomodo e provocatorio.
Non violentate Jennifer [Day of the Woman/I Spit on Your Grave, USA 1978/1981] REGIA Meir Zarchi.
CAST Camille Keaton, Eron Tabor, Richard Pace, Anthony Nichols, Gunter Kleemann.
SCENEGGIATURA Meir Zarchi. FOTOGRAFIA Nouri Haviv.
Horror, durata 93 minuti.