Una guerra senza battaglie
“Io ci provo a fare dei film intelligenti, ma non uno – lo so – è all’altezza di La grande illusione” ha detto Woody Allen a proposito del film di Renoir. “Intelligente” è l’aggettivo giusto per questo film e anche per l’intera opera del regista francese.
La grande illusione è un film di guerra “pacifico” che si concentra sui dialoghi e sorvola sulle battaglie con delle eleganti ellissi. I personaggi sono soldati e ufficiali ma vorrebbero essere altro: sognano di tornare alla vita da civili sani e salvi, anche se l’onore gli impone di fuggire dai campi di prigionia tedeschi. L’unico vero guerriero è il capitano Von Rauffenstein (Erich Von Stroheim) ma è privato della possibilità di combattere dalle fratture riportate in un incidente aereo. La grande illusione è un importante predecessore di La grande fuga, non solo perché parla di prigionieri di guerra che tentano la fuga, ma soprattutto per l’idea ardita di una convivenza pacifica tra aggressori e vittime. In entrambi i film le contingenze drammatiche sembrano avvicinare i popoli anziché allontanarli, la prigionia diventa un gioco e le differenze linguistiche sono superate con grande ingegnosità. Proprio come nel film John Sturges, decisamente più spaccone di Renoir ma anch’esso intelligente, i soldati tedeschi vogliono solo attendere la fine della guerra tranquillamente e sono pronti a trattare i prigionieri con umanità fintanto che essi non creano problemi. La guerra diventa un gioco di ruolo del quale tutti gli uomini farebbero volentieri a meno; ciò è impossibile e quindi non rimane che interpretare la propria parte, ammazzarsi a vicenda se necessario ma senza mai scordare le buone maniere. Questo concetto è ben sintetizzato nello scambio di battute tra il capitano Boeldieu (Pierre Fresnay) e un soldato tedesco intento a perquisirlo: “Chiedo scusa capitano ma abbiamo l’ordine di perquisirvi. È la guerra”. “D’accordo ma fatelo educatamente!”. Non c’è nessuna contraddizione o ironia nella scena. Le buone maniere sono, per Renoir, l’unico modo per mantenere l’umanità quando il mondo tenta di imbestialirci o reificarci. La grande illusione è anche un film che dà un’immagine chiara dell’aristocrazia. Essa ha il potere di conservare l’identità e il contegno anche nelle condizioni più disperate e, quindi, ha il dovere di dare l’esempio ai soldati di rango più basso. Questa classe sociale sa di essere in via di estinzione, da qui il profondo decadentismo delle figure di Rauffenstein e Boeldieu. Tuttavia la loro magnifica eloquenza unita al loro coraggio li rendono i veri eroi di questo film e i rappresentanti di un’aristocrazia buona, ideale.
La grande illusione [La grande illusion, Francia 1937] REGIA Jean Renoir.
CAST Jean Gabin, Pierre Fresnay, Erich Von Stroheim, Marcel Dallo.
SCENEGGIATURA Charles Spaak, Jean Renoir. FOTOGRAFIA Christian Matras. MUSICHE Joseph Kosma.
Guerra/Drammatico, durata 114 minuti.