OMAGGIO A PIER PAOLO PASOLINI
Il Vangelo secondo Pasolini
Quando nel 1964 a Venezia viene presentato Il Vangelo secondo Matteo la critica cattolica, che aveva condannato giusto l’anno precedente Pasolini per vilipendio in seguito all’episodio-parodia La ricotta (in RoGoPaG, 1963), gli conferisce invece il premio dell’ufficio cattolico internazionale (OCIC). In laguna il film conquisterà anche il Leone d’Argento e diventerà il primo successo internazionale per il regista.
La storia tratta infatti in maniera molto fedele le vicende raccontate nel Vangelo di Matteo, a partire dall’annunciazione a Maria fino alla resurrezione di Cristo. Pasolini però rappresenta non soltanto il racconto del nuovo testamento, ma affina quello che in Empirismo eretico sarebbe stato teorizzato come il cinema di poesia. Applicando la linguistica al cinema per farne una sua semiologia, Pasolini infatti si serve delle immagini come segni, icone ed indici e figure retoriche, veicoli di senso. Ne Il Vangelo secondo Matteo i paesaggi non sono ricostruzioni minuziose della Palestina del I sec., ma analogie: i famosi Sassi di Matera e Casteldelmonte, e ancora vari villaggi rurali tra il Lazio, la Basilicata, la Calabria e la Puglia rappresentano la visione ipotetica del mondo antico. Lo stesso viene effettuato nel continuo richiamo all’iconografia cristiana: nei ritratti dei personaggi eseguiti visibilmente con lo zoom verso il primo piano riconosciamo i volti di Maria, Giuseppe, degli apostoli e dei protagonisti del testamento. Se è chiara una volontà di richiamo al passato nella rappresentazione paesaggistica, è invece diversa la scelta nell’uso della lingua parlata: Gesù, i suoi discepoli e le persone di un certo rango parlano in italiano, mentre la popolazione parla un dialetto lucano. In questo senso è chiara la metafora che il poeta vuole fare sulla stessa società contemporanea, distinguendo la borghesia dal popolo (gli attori sono per lo più non professionisti). Inoltre anche la colonna sonora richiama a volte arie o canzoni, le quali nulla hanno a che fare con il tempo passato, ma anzi sono indice di una volontà di confronto con la realtà italiana in cui lo stesso Pasolini viveva. L’uso della camera, visibile nel montaggio, fa parte della stessa poetica che il regista applica al cinema, in quanto linguaggio della realtà stessa. L’uso della soggettiva libera indiretta, in cui il punto di vista non è solo quello della camera ma anche del narratore, viene usato liberamente da Pasolini, che da laico cerca di immedesimarsi nella prospettiva del credente e seguace di Cristo: l’autore vede la realtà dagli occhi dei personaggi. Il Vangelo secondo Matteo si distingue come opera complessa e stratificata, che non vuole solo banalmente raccontare delle vicende, ma che piuttosto cerca di portare alla luce – attraverso il linguaggio del cinema di poesia – suggestioni e visioni della realtà a metà tra storia e contemporaneità.
Il Vangelo secondo Matteo [Italia/Francia 1964] REGIA Pier Paolo Pasolini.
CAST Enrique Irazoqui, Margherita Caruso, Susanna Pasolini, Ninetto Davoli.
SCENEGGIATURA Pier Paolo Pasolini. FOTOGRAFIA Tonino Delli Colli. MUSICHE Luis Enriquez Bacalov.
Drammatico/Storico, durata 137 minuti.