SPECIALE CINEMA DELLA SCHIAVITÙ
Come inizia il disincanto
Il colore viola è sempre stato etichettato come il film che Spielberg ha dedicato alla riflessione sociale sulla schiavitù, anche se essa è qui interpretata in senso lato.
Il giogo sociale esaminato è quello del sesso femminile (donne nere di fine ‘800) assoggettate alla volontà e alle pretese degli uomini: nonostante la schiavitù vera e propria fosse stata abolita poco tempo prima, a loro continua a non essere riconosciuto un livello di dignità paragonabile agli altri. Si apre così una contraddizione che vede opporsi, da un lato, una condizione di schiavitù in cui l’immediata sopravvivenza era garantita e, dall’altro lato, l’abolizione ufficiale dello sfruttamento, che lascia invariato il divario sociale senza più regolamentarlo. Quello che Spielberg sfrutta per lanciare il messaggio del film è un certo disagio, soprattutto nelle prime sequenze, nel vedere il contrasto tra il mondo infantile tradito da quello adulto. È così che Celie e Nettie si scontrano con un patrigno che non ha problemi ad esternare le proprie preferenze e a dire cattiverie nei confronti di quelle che dovrebbero essere sue “protette”. Oltre agli episodi di violenza carnale, sono questi piccoli gesti meschini a colpire come stilettate. Per le due sorelle la speranza di un mondo migliore passa attraverso un presunto principe azzurro e un suo colloquio con il loro patrigno, il quale non perde occasione per tradire le aspettative delle figliastre e del pubblico, che da lui vorrebbero solo una qualche dose di umanità. L’illusione di trovare un futuro migliore tra le braccia dell’uomo dal volto incorniciato da un mascherino di nebbia verrà anch’essa fatta svanire. Sembra insomma delinearsi una realtà senza speranza, un vicolo senza uscita da una sofferenza che pare impressa nel destino stesso delle ragazze protagoniste. L’aura di Spielberg ammanta tutta la durata del film, arricchendo una trama desolata di vezzi speranzosi, in modo da non opprimere l’innocenza delle protagoniste. La loro ignoranza della propria dignità, il loro calpestarla senza averne coscienza risulta stridente con le loro aspirazioni. Il percorso diegetico è quindi tutto basato su un continuo contrasto tra speranze e realtà, tra fatti e aspettative, che accompagnano lo spettatore lungo il film. Questo fa sì che la complessità del tema e soprattutto la sua crudeltà pervengano al di là dello schermo in maniera graduale e che si mantenga l’impostazione fortemente narrativa che Spielberg non sembra mai smettere di cercare.
Il colore viola [The Color Purple, USA 1985] REGIA Steven Spielberg.
CAST Whoopi Goldberg, Danny Glover, Oprah Winfrey, Margaret Avery.
SCENEGGIATURA Menno Meyjes. FOTOGRAFIA Allen Daviau. MUSICHE André Crouch, Quincy Jones, Jeremy Lubbock, Caiphus Semenya, Rod Temperton.
Drammatico, durata 154 minuti.