Un Festival che non lascia mai indifferenti
Dopo un lungo anno di attesa, nel quale comunque il Festival non aveva mai ceduto il proprio status di protagonista mediatico (lo dimostra il continuo proliferare di indiscrezioni sugli ospiti, pronostici sui possibili vincitori e persino polemiche circa i costi della manifestazione), ecco che si riaccendono finalmente i riflettori sul palco dell’Ariston.
Man mano che la kermesse più famosa d’Italia si avvicina pare che ognuno non possa fare a meno di dire la sua: un diletto al quale sembrano non volersi sottrarre né i comuni cittadini né le star, con grande gioia dei media che fanno a gara per accaparrarsi dichiarazioni di ogni sorta a riguardo. Quando si parla di un fenomeno televisivo di questo calibro la curiosità e l’attesa non possono che essere altissime. Quest’anno però, a causa del protrarsi della difficile situazione politico-economica italiana, forse l’aspettativa generale pre-festival è stata ancora maggiore del solito, visto che la forza distruttiva dei dissesti idrogeologici verificatisi a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale non ha risparmiato nemmeno la vicina località ligure di Andora. E che il cast della manifestazione ne fosse conscio si è capito già dal preliminare siparietto comico di Pif, pensato proprio per sdrammatizzare in vista del successivo accorato appello per un pronto recupero delle tante bellezze del nostro Paese di Fazio. Il presentatore non ha nemmeno il tempo di entrare nel vivo del discorso che assistiamo al triste gesto di due operai campani che minacciano di lanciarsi nel vuoto per esternare la propria difficile condizione professionale: un triste déjà-vu sanremese che Fazio riesce però a gestire bene, dimostrando sia una notevole aplomb che una spiccata umanità. Una volta risolto l’inceppamento dello scenario, lo spettacolo può iniziare per davvero. Ma la ritrovata spontaneità della Littizzetto (che dopo il precedente impacciato debutto sanremese capace persino di scolorire la sua brillante vena comica, ora a Sanremo sembra finalmente sentirsi a casa), la simpatia dell’avvenente Casta, il suggestivo inedito duo Ligabue-Pagani e la presenza della vulcanica e sempre più flessuosa Carrà possono poco contro lo spettrale tono dimesso che sembra permeare la serata. Forse è ancora troppo presto per dirlo – dobbiamo infatti ancora ascoltare le canzoni degli altri campioni in gara e quelle dei giovani – ma non a caso molti testi sembrano voler parlare soprattutto degli aspri istanti che a volte riserva la vita (Arisa e Frankie Hi-Nrg Mc) o della necessità di continuare a fare sogni d’alto rango (De André). Persino quando i Perturbazione cantano – in veste solo apparentemente goliardica – le disavventure amorose di un smarrito playboy. Insomma, rispetto a molte altre edizioni, quello che finora si è intravisto è un Sanremo dal taglio cantautoriale, che pone l’accento sui contenuti e sui messaggi forti più che sulle indubbie capacità dei vocalizzi dei presenti. Un Festival che cerca di intrattenere al meglio un Paese in balia di una crisi multisettoriale che non sembra volersi affatto dissolvere, che non dimentica né la delicata situazione diplomatica dei Marò né i recenti dissesti ambientali.