15 FEBBRAIO – OMAGGIO A TOTÒ
E Pasolini vide nel cuore del clown
In Uccellacci e uccellini Totò pare riprendere, attraverso un’ideale ellissi, quel cammino che chiudeva la sequenza finale di Guardie e ladri, quindici anni prima. Sullo sfondo di quelle stesse strade di provincia si completa la rivalsa del comico, diretto ora verso un orizzonte sconosciuto, in un finale degno del più famoso dei vagabondi.
Nel suo ultimo lungometraggio da protagonista, egli suggella dunque la sua versatilità attoriale e lo fa con il ruolo più complesso e maturo della propria carriera. Moravia sostiene che in Uccellacci e uccellini Pasolini è riuscito là dove aveva fallito con Anna Magnani, e cioè inserire il mondo dell’attore in quello del regista. Frutto di una feconda crisi intellettuale, il film fa da spartiacque nell’opera pasoliniana, la quale si allontana sempre più dall’ottica popolare marxista, in direzione di un’attenta analisi di quel mondo neo-capitalista in rapida affermazione. E così gli innocenti Totò e Ninetto, padre e figlio, divengono i rappresentanti della classe medioborghese cui tanto aspirava Mamma Roma. Per mezzo di una stratificata allegoria, gli ex proletari intraprendono un cammino senza destinazione e ricco di domande prive di risposte, accompagnati da un corvo-poeta, che fattosi portavoce delle ideologie perdute verrà presto eliminato. Pasolini mette in scena la sua sconfitta, ma non rinuncia affatto alla rivoluzione, da attuare a questo punto percorrendo nuove vie. Da adesso in poi il suo cinema non sarà più immediato e realistico ma meno esplicito e improntato sulla forza delle immagini. Quest’ultima viene perciò ritrovata nella comicità delle origini, di cui la fisicità di Totò sembra al regista l’ideale prosecuzione. Pasolini riesce quindi nel suo intento di far emergere e fondere assieme le due anime dell’attore, quella profondamente umana e quella prettamente clownesca. Il Totò di Pasolini è ormai surreale e fiabesco, e lo sarà ancor più nei due lavori successivi (La terra vista dalla luna e Che cosa sono le nuvole?) che il regista affranca dall’accezione ideologica di Uccellacci e Uccellini, vissuta dall’attore come un freno alla propria interpretazione. Nonostante la menzione speciale a Cannes per Totò, la pellicola è il peggiore incasso in assoluto per l’attore. Insuccesso ripagato però dal riconoscimento finale di esser stato compreso fino in fondo, come nessuno mai prima del regista bolognese aveva fatto. Pasolini è riuscito in tal modo ad indagare la natura nascosta di questo immenso attore, mostrandocela in tutta la sua forza. E come Fra’ Ciccillo evangelizza falchi e passeri, così “l’assurdo Totò, l’umano Totò, il matto Totò, il dolce Totò” diventa portavoce del nuovo messaggio di un intellettuale che continuerà a predicare ad un’intera società.
Uccellacci e uccellini [Italia 1966] REGIA Pier Paolo Pasolini.
CAST Totò, Ninetto Davoli, Femi Benussi, Francesco Leonetti (voce).
SCENEGGIATURA Pier Paolo Pasolini. FOTOGRAFIA Tonino Delli Colli, Mario Bernardo.
MUSICHE Ennio Morricone.
Commedia/Grottesco, durata 85 minuti.