15 FEBBRAIO – OMAGGIO A TOTÒ
C’era una volta l’avanspettacolo
Una musica proveniente da un’osteria avvolge d’improvviso la scena e lontani ricordi sembrano affiorare alla mente dei due protagonisti, ma quel motivo proprio non lo riconoscono. Le note sono quelle di una famosa canzone del teatro di rivista.
È dunque nella sequenza finale di Guardie e ladri che Totò e Fabrizi, attraverso il ladro Esposito e la guardia Bottoni, simbolicamente sanciscono l’addio definitivo ai rispettivi esordi popolari. Se però Aldo Fabrizi proviene dal successo mondiale di Roma città aperta (1945) ed è già attivo regista e sceneggiatore, la grande svolta avviene invece per Totò. Il film apre difatti una nuova fase nella carriera dell’attore napoletano. Nonostante i ruoli drammatici ricoperti in Yvonne la nuit (1949) o Napoli milionaria (1950), è con il lavoro di Monicelli e Steno che “il principe della risata” s’innalza al di sopra della sua stessa maschera. Come scrive Sechi: “Totò, come Pinocchio alla fine della sua avventura, lascia in un canto il suo corpo di legno, la sua mimica abituale, le sue espressioni ormai famose, non è più Totò soltanto, ma quel personaggio – un povero ladruncolo – interpretato dall’attore Antonio De Curtis”. Dal comico nasce così l’attore, anche se Totò attore lo è sempre stato, e grande anche. Ma dopo le troppe accuse di mediocrità, è Guardie e ladri ad imporlo per la sua effettiva grandezza, coronata poi col Nastro d’argento. E merito di tale successo è da attribuire anche ad una sceneggiatura impeccabile, premiata a Cannes, e tra i cui autori, oltre ai registi e lo stesso Fabrizi, spiccano non a caso nomi del calibro di Flaiano, Brancati e Maccari. In un’Italia incalzata dalla censura, con cui ebbe effettivamente problemi, la pellicola narra di un brigadiere costretto, per non perdere il posto, a riacciuffare un ladro, costretto a sua volta a piccole truffe e furtarelli per sfamare la famiglia. Chi insegue e chi scappa insomma, in un gioco senza vincitori, a cui guardie e ladri sono rassegnati, schiavi delle medesime precarie situazioni. La sublime coppia Totò-Fabrizi si fa carico di tale peso, regalandoci due magnifici ed eloquenti faccia a faccia, capaci di racchiudere l’anima dell’intera vicenda: dallo storico e comico inseguimento all’amara resa dei conti, lasciandosi dietro le borgate romane e tutto un Paese ancora profondamente segnato dalla guerra, dove l’umanità e la solidarietà non faticano ad emergere. Sviluppandosi quindi da situazioni farsesche e dipanandosi in atmosfere da dramma sociale, l’opera trasforma la favola in parabola universale, gettando un ponte tra l’estetica neorealista e l’impianto della nascente commedia all’italiana. Motivo questo del suo immediato successo e dell’importanza che ancora oggi detiene nella Storia del Cinema.
Guardie e ladri [Italia 1951] REGIA Mario Monicelli, Steno.
CAST Totò, Aldo Fabrizi, Ave Ninchi, Pina Piovani, Carlo Delle Piane, Aldo Giuffrè.
SCENEGGIATURA Vitaliano Brancati, Ennio Flaiano, Ruggero Maccari, Aldo Fabrizi, Steno, Mario Monicelli. FOTOGRAFIA Mario Bava. MUSICHE Alessandro Cicognini.
Commedia/Drammatico, durata 101 minuti.