64° Festival Internazionale del Cinema di Berlino, 6-16 febbraio 2014
La grazia e la crisi
Adele è una donna tenace, una gran lavoratrice totalmente disillusa. Un giorno capisce che la concorrenza delle aziende tessili cinesi è troppo forte e prende la decisione di chiudere la sua. Sommersa dai debiti vende la casa e si sposta con le donne della famiglia in una casa/capanna a ridosso della scogliera marina.
Qui si reinventa agricoltrice, tornando alle origini del lavoro e della dignità, combattendo con i denti contro un mondo che l’ha sputata via. Il sesto lungometraggio di Edoardo Winspeare, unica pellicola italiana presente nella sezione Panorama della 64a Berlinale, parla il linguaggio delle tradizioni per descrivere il Paese reale. Il dialetto è uno strumento musicale, così come nei precedenti Pizzicata e Sangue vivo, che fa da basso continuo ad una melodia che sembra scivolarci addosso per curarci, come le lumache usate dalla madre di Adele per levarle le zampe di gallina sugli occhi. Il film ruota attorno ad una donna del sud non idealizzata, descritta attraverso quattro diversi personaggi: la donna è Adele, costretta a fare a meno di un fratello e di un marito inaffidabili e trafficoni per poter continuare a vivere, la donna è Ina, sua figlia, svogliata, arrogante, annoiata dal nulla che la circonda, la donna è Maria Concetta, sorella di Adele, che mostra con orgoglio la sua passione per il teatro e lo studio, e la donna è anche Salvatrice, l’anziana madre, che riesce ancora ad innamorarsi. Winspeare ci propone uno scenario possibile, il ritorno alla terra, mettendoci di fronte alle conseguenze dirette (la concorrenza sleale) e indirette (le cartelle di Equitalia) della crisi, e lo fa con ironia, senza indugiare in modo pedante sul dramma ma, al contrario, rilanciando l’azione, il darsi da fare, il gesto quanto mai assente di rimboccarsi le maniche. Sì perché Winspeare parla ai giovani, alle generazioni che, al pari della giovane Ina, si sono trovati catapultati dentro un mondo costruito mattone su mattone dai genitori e dai nonni e ora non hanno i mezzi per affrontare una disfatta, politica e morale, di cui subiscono solo gli effetti. In questa condizione, che il film volutamente non risolve, subentra anche la spiritualità, presente sotto varie forme nella carriera del regista, intesa come Natura, come coperta invisibile che protegge i deboli dalla cattiveria generata dall’uomo. Un film maturo, sincero, vitale, diretto con sapienza e molto ben interpretato dalle protagoniste. Insomma, se e quando uscirà, andate a vederlo.
In grazia di Dio [Italia 2013] REGIA Edoardo Winspeare.
CAST Celeste Casciaro, Laura Licchetta, Barbara De Matteis.
SCENEGGIATURA Edoardo Winspeare, Alessandro Valenti. FOTOGRAFIA Michele D’Attanasio.
Drammatico, durata 108 minuti.