“Un giorno le macchine riusciranno a risolvere tutti i problemi, ma mai nessuna di esse potrà porne uno” (Albert Einstein)
Dopo una lunga e travagliata gestazione, ecco sbarcare nelle sale cinematografiche Robocop del regista brasiliano José Padilha, già noto al grande pubblico per avere diretto successi commerciali del calibro di Tropa de elite – Gli squadroni della morte e Tropa de elite 2 – Il nemico è l’altro.
Il remake del cult diretto da Paul Verhoeven nel 1987, nonché reboot del celebre franchise, ci trasporta nella Detroit del 2028, dove la multinazionale Omnicorp gestisce la sicurezza dei cittadini americani, nonché la lotta al terrorismo globale, per mezzo della tecnologia robotica. Dopo che Alex Murphy, agente di polizia incaricato nella lotta contro il crimine di Detroit, resta ferito gravemente in un attentato, la Omnicorp decide di trasformarlo in Robocop, una creatura metà uomo e metà macchina con lo scopo di tenere a freno la crescente ondata criminale in città ed arricchire i propri introiti. Quello che la Omnicorp non si aspetta è fino a che punto la macchina possa avere la meglio sulla volontà umana. Arduo azzardare un paragone fra il capolavoro eversivo verhoeniano e la versione in salsa edulcorata e patinata del robot-poliziotto di Padilha. Al tagliente sarcasmo con cui il capostipite del 1987 denuncia i presupposti e i fallimenti della zero tolerance dell’America reaganiana, il regista brasiliano sembra assegnare maggior peso alla componente intimistica e personale della storia. Molti, infatti, sono i momenti in cui si ripercorrono le esperienze di vita vissuta tra Murphy e la famiglia prima e dopo la sua eventuale trasformazione in Robocop. Siamo dunque lontani dal clima di aspra denuncia nei confronti della concezione di “sicurezza nazionale” adottata dall’America repubblicana dagli anni ’80 in avanti. Ciò che ancora si scorge nel film di Padilha è un fugace e pacato monito alla presenza dell’intramezzo televisivo come potente veicolatore di ideali propagandistici attraverso cui commentare le imprese di Robocop e della multinazionale che lo ha ideato. Dopo un accattivante incipit, in cui si vedono le truppe robotiche per le strade di Teheran intente ad “uniformare” il popolo di turno alla volontà imperialista a stelle e strisce, il film tuttavia perde la sua verve sarcastica e si riduce ad un’accozzaglia di scene d’azione in puro stile videogame e alla parziale risoluzione del dramma intimistico del protagonista. Nell’era della globalizzazione culturale, dell’informazione “manipolata” e dei social network, si poteva di certo fare meglio.
Robocop [id., USA 2014] REGIA José Padilha.
CAST Joel Kinnaman, Gary Oldman, Michael Keaton, Samuel L. Jackson.
SCENEGGIATURA Joshua Zetumer, Edward Neumeier, Michael Miner. FOTOGRAFIA Lula Carvalho. MUSICHE Pedro Bromfman.
Azione/Fantascienza, durata 121 minuti.