SPECIALE VITE IN MUSICA
Lo spettacolo può continuare?
La coralità è sicuramente uno degli elementi caratterizzanti di una buona parte della filmografia di Robert Altman. Una pellicola come Nashville ne è una palese dimostrazione.
La presenza di moltissimi personaggi e comparse indica chiaramente che il vero “protagonista” del film è il luogo in cui è ambientato: Nashville, appunto, la capitale del Tennessee dove si svolge per cinque giorni un festival di musica folk. Con il suo sguardo lucido e distante sui soggetti rappresentati, il regista realizza un affresco ironico e a tratti impietoso sulla società statunitense degli anni ‘70, evidenziandone la confusione morale, politica e culturale. Quest’ultima è resa bene non solo dalla coralità, ma anche dalla sovrapposizione di diversi suoni e voci nella stessa colonna sonora (overlapping), tecnica che contribuisce a trasmettere una forte sensazione di “disordine” e spaesamento. La città di Nashville diventa così la metafora di un Paese smarrito tra mode giovanili e deliranti discorsi politici; un Paese che da un lato vuole rinnovarsi, ma che dall’altro è ancora bloccato dai numerosi traumi sociali e istituzionali subiti nell’ultimo decennio. Il concerto finale raffigura tutto questo: infatti, lo spettacolo prosegue anche dopo l’assassinio della cantante, ma il conseguente stato di shock e spaesamento generale risulta evidente e viene sottolineato dall’autore con alcune inquadrature sugli spettatori. Naturalmente, anche le ventisette canzoni inserite nel film giocano un ruolo molto importante. Infatti, non solo trasmettono e rappresentano l’atmosfera della città e il clima culturale dell’epoca, ma indicano, inoltre, quanto lo spettacolo sia centrale nella società statunitense. Tale aspetto viene mostrato più volte anche con altre scelte narrative e linguistiche, come la voice over che nei titoli di testa annuncia energicamente che l’opera sta per cominciare e la “parata” che accoglie la musicista Barbara Jean quando arriva in città. Anche il personaggio della giornalista va in questa direzione, in quanto raffigura i mass media e la loro volontà di enfatizzare e amplificare gli eventi ripresi e raccontati. La realtà collettiva e individuale è, dunque, costantemente “filtrata” e “spettacolarizzata”: dai giornali, dalle radio, dalla televisione e persino dalla musica, mezzi con i quali narriamo e veniamo narrati. Tutto in un film amaro e ironico, emblematico e potentissimo, giustamente considerato uno dei più importanti lungometraggi americani degli anni ’70.
Nashville [id., USA 1975] REGIA Robert Altman.
CAST Geraldine Chaplin, Karen Black, Keith Carradine, Ronee Blakley, David Arkin.
SCENEGGIATURA Joan Tewkesbury. FOTOGRAFIA Paul Lohmann. MUSICHE Richard Baskin.
Drammatico/Commedia, durata 159 minuti.