La permanenza dell’essere
Dopo un 2013 segnato dalla spedizione spaziale di Gravity, il 2014 si è aperto sulla rotta della traversata oceanica di All is Lost. Un nuovo viaggio quindi, ma privo questa volta di potenzialità catartiche.
Il suo protagonista non ha né nome né passato, ma la sola forza per affrontare il mare, spinto unicamente dal proprio istinto di sopravvivenza. Sì, perché anche qui siamo di fronte alla lotta dell’uomo in un ambiente altrettanto ostile quanto lo spazio, ma il conflitto viene completamente esternato, azzerando la sfera intima e personale. All is Lost non rischia di naufragare in un classico clima d’avventura e punta tutto sull’essenzialità, dalla sceneggiatura al cast. Unico attore sulla scena, Robert Redford dà vita ad un personaggio denso e concreto che, con l’imbarcazione danneggiata nel bel mezzo dell’Oceano Indiano, non si arrende alla natura avversa e si affida a tutte le sue capacità per raggiungere la terraferma. La seconda opera di J.C. Chandor si affida dunque ad una regia asciutta, equilibrata e scevra da fronzoli che punta la cinepresa su Redford per 100 minuti privi di dialoghi, cogliendone ogni movimento ed espressione, contraccambiata da un’interpretazione coinvolgente ed efficace. Personalità notoriamente controcorrente, l’attore californiano ha creduto da subito nel soggetto coraggioso del giovane regista, già notato al suo Sundance Festival con il precedente Margin Call (2011). Quest’ultima fatica è in effetti una pellicola diversa dai canoni tipici del cinema odierno hollywoodiano, il che dimostra quanto meno l’ambizione del lavoro di Chandor. Lo stile diretto ed immediato, coadiuvato dall’effetto incisivo del sonoro, è il suo punto di forza anche per quanto riguarda i contenuti. Lontano da una metaforicità palesata e retorica, si tratta di un film sulla fine e sulla perdita. Il messaggio viene suggerito senza forzature o patetismi, affidandolo alle uniche parole scritte dal protagonista, indirizzate non si sa a chi e rivolte in apertura direttamente allo spettatore. Queste suonano come una vera e propria confessione, dove il personaggio di Redford esordisce scusandosi per la sua condotta esistenziale, sostenendo comunque di averci provato ad esser giusto e rendendoci volutamente testimoni di questo sforzo. Una riconsiderazione di valori quindi, proprio lì dove tutto è perduto ad eccezione del proprio essere, attraverso un’autentica presa di coscienza individuale. Che questa poi rimanga tale oppure, sulle note dell’Amen finale di Alex Ebert, aspiri a diventare preghiera collettiva, a noi la scelta.
All is Lost – Tutto è perduto [All is Lost, USA 2013] REGIA J.C. Chandor.
CAST Robert Redford.
SCENEGGIATURA J.C. Chandor. FOTOGRAFIA Frank G. DeMarco. MUSICHE Alex Ebert.
Drammatico/Avventura, durata 100 minuti.