La patria reclama
Michel Gondry non è solo uno dei registi più visionari di questo inizio secolo; è anche un artista a tutto tondo, attivo nella musica, nella sceneggiatura e nel fumetto. Abbiamo perso la guerra ma non la battaglia è infatti la sua prima graphic novel, visionaria e stravagante come i suoi film, e rispetto a questi anche più esplicitamente politica.
Gondry rielabora e rilegge un momento autobiografico: quando all’inizio degli anni ottanta lui e i suoi amici hanno fatto carte false per evitare l’arruolamento militare. Bruno (alter ego dell’autore e voce narrante), Momo, Sylvain e Simon sono infatti quattro amici più o meno quarantenni che nella Francia del 2022 vengono richiamati all’Eliseo dal presidente (la rockstar Jude Halliday). Motivo: sono stati gli ultimi ad evitare l’arruolamento, ed è arrivato il momento di fornire alla patria i servigi allora negati. È in atto infatti un attacco da parte di un esercito di muscolose e non particolarmente vestite walkirie provenienti dall’est Europa, e siccome l’esercito ufficiale è tutto impegnato in magniloquenti e pompose dimostrazioni nell’Oceano Pacifico, i quattro, di cui uno è deceduto da anni e va in giro come la morte de Il settimo sigillo, vengono messi a capo di truppe composte da senzatetto e disperati urbani. L’inizio della guerra pare promettente, ma, come il titolo lascia presupporre, in guerra come nella vita quotidiana, una rondine non fa primavera, e la sconfitta militare si fa solo attendere lasciando qualche illusione. Le regole del fumetto danno a Gondry la possibilità di dare libero sfogo alla sua fantasia e alla sua visionarietà, e il regista è abile a non abusarne, rispettando comunque, quanto basta, una certa coerenza narrativa e non cadendo nella trappola di realizzare una serie di vignette stravaganti ma indipendenti e scollegate tra loro. Il risultato è un’ironica favola antimilitarista intrisa di frecciate satiriche efficaci, che conferiscono una certa giocosa e feroce valenza politica a questo ennesimo sogno ad occhi aperti raccontato da Gondry. Come è capitato in molti dei suoi film, il surrealismo e l’onirismo spinto anche in questo caso, inoltre, offrono ai protagonisti una sorta di fuga dalla realtà del fallimento e della quotidianità, concedendogli un’occasione di riscatto e di ribaltamento dello status quo, esplicita nella seconda parte della storia, forse meno efficace della prima (diciamo così: la prima parte, più satirica, assomiglia ai momenti migliori del cinema di Gondry, la seconda, più intimista, un po’ più a quelli meno memorabili), ma che ha il merito di traghettare verso una vignetta finale beffarda e geniale.
Abbiamo perso la guerra ma non la battaglia [We Lost the War But Not the Battle, USA 2008]
TESTO E DISEGNI Michel Gondry.
Pubblicato in Italia da Bao Publishing, 2013.
Colori, 36 pagine.