La Turandò e il ladro sordomuto
Uno psicologo divorziato, infatuato di una donna che vede tutti i giorni al bar, deve mediare fra le storie sentimentali non convenzionali delle sue tre figlie. Fra agnizioni e incomprensioni, scoprirà che l’unico amore che merita di esser vissuto a fondo è quello per le sue bambine.
Tutta colpa di Freud, perché se Freud non fosse mai esistito, Paolo Genovese non avrebbe fatto questo film. D’altronde il povero Sigmund non ha colpa, convinto con la forza a far parte di un titolo che non dice nulla e di un film nel quale viene nominato solo una volta, all’inizio, per sbaglio. Non è possibile raccontare la trama senza che assomigli ad una barzelletta. Esempio: c’è un padre psicologo che ha tre figlie, una lesbica che torna da New York per diventare etero, una diciottenne che si innamora di un cinquantenne sposato e una libraia infatuata di un ladro sordomuto che però non è sempre sordomuto. Difficile raccontare il film, scritto non a caso anche dal Pieraccioni stanco di Un fantastico via vai, se non attraverso gli elementi che lo rendono imbarazzante, come il sordomuto che capisce benissimo solamente il labiale della sua amata e la lesbica che non disdegna anche gli uomini ma in fondo torna lesbica e poi chissà. Ma qui si rischia di venir tacciati di snobismo aprioristico, perché non si vuole vedere il risvolto profondamente sociale di una 18enne che vuole che il suo amante 50enne lasci il lavoro e scappi con lei a Parigi. Ma poi arriva la libraia che dice “Turandò” invece di “Turandot” (la principessa è cinese, non francese) e la moglie del 50enne che si butta nel vuoto, anzi no, scusate, vi avevamo fregato, e allora capisci che gli autori non hanno avuto nemmeno il buon cuore di fare un giro su Wikipedia prima di dare alle stampe la sceneggiatura. Non volevo spoilerare il finale ma forse così prenderete i vostri 7 e rotti euro e li andrete a spendere per un film italiano scritto decentemente, recitato decentemente e diretto decentemente: ce ne sono tanti, non date retta a chi vi dice che oggi in Italia c’è solo Sorrentino. O almeno uno che vi faccia ridere, visto che di commedia si tratta, che duri meno di due ore e magari scevro dalle tirate fabiovoliane dell’ultimo Pieraccioni ormai buone per i film low budget di provincia o per i baci Perugina. Però non date la colpa a Freud, almeno lui lasciatelo stare, è stato messo lì per caso senza esser nemmeno pagato, solo come capro espiatorio: praticamente è uno stagista!
Tutta colpa di Freud [Italia 2014] REGIA Paolo Genovese.
CAST Marco Giallini, Anna Foglietta, Vittoria Puccini, Vinicio Marchioni, Alessandro Gassmann.
SCENEGGIATURA Paolo Genovese. FOTOGRAFIA Fabrizio Lucci. MUSICHE Maurizio Filardo.
Commedia, durata 120 minuti.