SPECIALE CINEMA DELLA CRISI
Dramma alle otto
Siamo nel 1933. Gli effetti della grande crisi del 1929 sono ancora in atto nella loro drammaticità, e la ripresa portata dal New Deal di F.D. Roosevelt, eletto presidente proprio quell’anno, è ancora lontana da venire. Di tutto questo sembra importare poco a una ricca borghese, la cui unica preoccupazione è organizzare una cena in onore di una coppia d’aristocratici inglesi di passaggio a New York.
Intorno all’organizzazione di questa cena girano le esistenze, raccontate nell’arco temporale della giornata, degli invitati; siano essi rampanti rapaci arricchiti con la speculazione, un attore alcolizzato e ombra della sua vecchia grandezza, un’attrice saggia nella malinconica consapevolezza del tempo che passa, una giovane senza punti di riferimento affettivi o un imprenditore (il marito della donna) con un piede e mezzo nella bancarotta e nel fallimento. Le vicende dei vari personaggi sono collegate tra loro, e i nodi verranno amaramente al pettine poco prima di dare inizio al pranzo, che si svolgerà comunque, senza però gli invitati d’onore che han dato buca, sostituiti da una coppia di umili e semplici cugini della padrona di casa. Pranzo alle otto di George Cukor racconta quindi di infelicità e fallimenti, privati e con espliciti riferimenti alla situazione politica economica e sociale del paese, ponendosi così come la prima grande commedia che racconta gli effetti della depressione. Non sarà l’unica (da Accadde una notte e L’impareggiabile Godfrey in poi sarà infatti ricorrente il topos dell’unione sentimentale tra vecchi ricchi in decadenza e nuovi protagonisti sociali), ma rimane ancora oggi la più amara e sconsolata nel raccontare la perdita delle illusioni e la mancata consapevolezza di interi strati sociali. È in scena un’alta borghesia del tutto inconsapevole di quello che sta succedendo, il cui castello dorato è però sul punto di crollare rovinosamente. Allo stesso modo con precisione sono tratteggiati i nuovi protagonisti, siano essi da un lato infami rapaci della finanza, siano dall’altro gente semplice e laboriosa, che verrà celebrata pochi anni dopo dal “cinema del New Deal”. Cukor regala un capolavoro in cui perfeziona il suo umorismo amaro, chiaramente venato di dramma, che tornerà per fare alcuni esempi ancora legati alla crisi economica in Incantesimo e soprattutto in Silvia Scarlett, e fornisce il paradigma fondante di tutte le commedie amare dei decenni successivi, nelle quali verranno declinati nel riso, in vario modo, l’infelicità e il disagio dell’esistenza. Naturalmente, gli scoppiettanti e brillanti dialoghi tipici della “Sophisticated Comedy” hanno, ancora oggi, una notevole efficacia comica ma, come scrive Paola Cristalli: “Sopravvivere è l’arte del rovesciare l’umiliazione in commedia, che sia sorriso, smorfia o fulminante replica; commedia è fingere”.
Pranzo alle otto [Dinner at Eight, USA 1933] REGIA George Cukor.
CAST John Barrymore, Lionel Barrymore, Billie Burke, Wallace Beery, Jean Harlow.
SCENEGGIATURA H.J.Manckiewicz, F.Marion, D.O.Stewart. FOTOGRAFIA Bill Daniels. MUSICHE William Axt.
Commedia, durata 113 minuti.