A PROPOSITO DI JAMES GRAY…
Le soglie del peccato
Il cinema di James Gray è sempre stato un cinema migrante, legato alle proprie origini, e dentro il quale il conflitto sociale nasce e si consuma nei confini ghettizzati degli Stati Uniti.
Le comunità nascono all’interno di un mondo pluriforme e cosmopolita, ma è dall’interazione dei membri della stessa comunità che nascono i veri drammi personali: come vedere delle matriosche di spazi in cui la città di New York al suo interno contiene le differenti comunità etniche CHE a loro volta racchiudono le abitazioni dei singoli abitanti come un’ulteriore divisione spaziale. In Little Odessa Gray ha messo in scena la famiglia come primo terreno di confronto con l’altro: le stanze dei protagonisti sono luogo intimo di primaria separazione tra le singole persone, divisione che si ripercuote verso l’esterno in direzione della comunità di appartenenza. Ruben per questo trova nella propria camera l’unico luogo che lo strania da una condizione familiare disastrata, la madre malata di cancro e il padre severo ma lo stesso pieno d’amore per il figlio, capace di mostrarsi a lui solo nella durezza di un’autorità invalicabile. Le pareti degli edifici sono dei divisori che hanno lo scopo di dare ristoro ai personaggi nella propria solitudine, ma tutto rimane lo stesso traspirante, ogni famiglia dimostra di essere in qualche modo inestricabilmente legata a un proprio ordine comunitario, e a rappresentare ciò sembra essere solamente la malavita. Il tentativo di mantenere la quotidianità nella legalità attraverso i contatti con l’illegalità mostra un’altra sottile soglia traspirante con la giustizia morale privata e non, e il ritorno del figlio maggiore Joshua, diventato un sicario, ne mostra gli effetti più devastanti. Quest’ultimo mostra come sia la famiglia, ormai perduta, ad essere la primaria fonte di uno scontro mai insoluto con la comunità di origine; il padre infatti lo ripudia per ciò che è diventato, ovvero un assassino lontano da Dio, nonché distante da un ordine morale comunitario. Ma il ritorno non si risolve come unico campo di sofferenze, perché Joshua e Ruben ritrovano in loro stessi fratelli da sempre legati, ma mentre il più piccolo vede illusoriamente nell’altro la possibilità di realizzarsi uscendo dalla casa/comunità, Joshua invece è colui che è andato oltre le barriere spaziali per aprirsi alla terra delle opportunità sciogliendo i rapporti con la propria origine, ma rivelandosi semplicemente prodotto della contemporanea solitudine umana.
Little Odessa [id., USA 1994] REGIA James Gray.
CAST Tim Roth, Vanessa Redgarve, Edward Furlong, Maximilian Schell.
SCENEGGIATURA James Gray. FOTOGRAFIA Tom Richmond. MUSICHE Dana Sano.
Drammatico, durata 94 minuti.