Melò virato seppia
Separata dalla sorella ammalata a Ellis Island, l’immigrata polacca Ewa, sbarcata nella New York degli anni ’20 sola e disperata, deve guadagnare molto denaro per potersi ricongiungere all’amata Magda. Trovata inaspettata ospitalità nell’ambiguo Bruno, la bella Ewa scoprirà che nessun aiuto è disinteressato e che l’attende una vita ben più difficile di quanto non avesse immaginato.
A cinque anni dall’ultimo film, James Gray (Little Odessa, The Yards, I padroni della notte) riprende le fila del melodramma, già affrontato con successo in Two Lovers, e l’ambientazione newyorchese, spostando però indietro le lancette del tempo. Al centro, ancora una volta, il senso della famiglia, ancora di salvezza e di dannazione, che ora mantiene aggrappati alla vita e sprona nella sofferenza, ora si fa prigione e diventa peso insopportabile. Tutt’intorno, i grumi delle relazioni umane: sentimenti e sensualità, slanci spassionati e brame carnali, perdono e senso di colpa. Se tutto questo era ben messo a fuoco nel precedente Two Lovers, in C’era una volta a New York (titolo italiano inutilmente pomposo rispetto al più sobrio e pertinente The Immigrant) risulta attenuato e più debole. Se apparentemente ritorna il triangolo a dare forma ai rapporti tra i personaggi principali (là un uomo combattuto tra due donne, qui una donna contesa da due uomini), è però un triangolo sbiadito e privo di pathos, un epigono malriuscito che perde troppo rapidamente uno dei suoi vertici (l’insulso prestigiatore Orlando, Jeremy Renner). Mentre i due protagonisti Ewa (una scialba Marion Cotillard) e Bruno (Joaquin Phoenix insolitamente sottotono) si rivelano, nonostante le premesse, monodimensionali, inseriti in una narrazione a tratti prolissa e non esente da fragilità. L’impeccabile fotografia in tonalità seppia del bravo Darius Khondji, che ci regala una New York da foto d’epoca dove predominano marroni e grigi, non può salvare un film che, pur girato con precisione, non trova mai un guizzo e riesce ad annacquare anche i pochi momenti di climax. Gray, nonostante l’innegabile cura della confezione, non dà nuova linfa a un genere già di per sé insidioso, complice una sceneggiatura ripetitiva che finisce per banalizzare le iterazioni tra i personaggi e rendere fin troppo prevedibile lo sviluppo della vicenda. Del grande affresco d’epoca rimangono giusto i costumi, per un melò incolore che ha il sapore di un’occasione mancata.
C’era una volta a New York [The Immigrant, USA 2013] REGIA James Gray.
CAST Marion Cotillard, Joaquin Phoenix, Jeremy Renner.
SCENEGGIATURA James Gray, Ric Menello. FOTOGRAFIA Darius Khondji. MUSICHE Chris Spelman.
Drammatico/Sentimentale, durata 120 minuti.