La ritroviamo nei romanzi, nelle serie tv, negli editoriali, nelle lettere ai giornali: la sovrappopolazione, questione vetero-malthusiana, abbracciata nei 70s e ora nuovamente in auge. E di un’ambiguità spaventosa: sincero interesse per le tematiche ambientali e per i diritti delle donne della parte più moderna e liberal dell’Occidente o ennesima strategia di mistificazione del White-Savior Industrial Complex, che si serve di una rappresentazione della donna come “irrational baby-maker” – ben connotata, si intende, per razza e/o reddito – che mette a repentaglio le condizioni di sopravvivenza sul pianeta col suo “unrestrained right to breed” (e con la naturale passività ad un uomo – sempre ben connotato per razza e/o reddito – inequivocabilmente rapace)?
Qualunque sia la risposta, l’argomento si presta a meraviglia a diventare buco nero della coscienza politica e sociale e ultima spiaggia del catastrofismo visionario. Paul Krugman critica le politiche sul lavoro del Partito Repubblicano? Nulla possono le politiche economiche di fronte al più grande nemico di sempre, la sovrappopolazione. Quanto male può esserci condensato nella Riforma Sanitaria di Obama? Sempre meno che nella più grande catastrofe del terzo millennio, la sovrappopolazione. E poi c’è Oprah che si riappacifica con l’odiato Jonathan Franzen e inserisce Freedom nel suo book club e con esso il protagonista Walter Berglund, paladino del controllo delle nascite, rappresentante di quella borghesia illuminata, generosa ed ecologista pronta a preservare il prezioso habitat degli uccelli locali – in questo caso la dendroica ceruela, bruttarella tra l’altro, dicono – a qualsiasi costo. Personaggio carico di contraddizioni, ok, (la collusione con l’industria del carbone, la missione ecologista come compensazione per le frustrazioni familiari) ma nonostante tutto tanto più garbato e integro rispetto a quei cafonacci dei vicini, schiavi del consumo inconsapevole e del bestiale istinto di riproduzione. Ma Walter, a sua volta schiavo della dialettica, è diversi passi indietro rispetto al Network di Utopia (ottima serie prodotta da Channel 4) dove la ben più efficace soluzione al problema è la sterilità indotta per qualche generazione con la diffusione del virus Giano. Certo, i promotori dell’iniziativa non sono tra i più equilibrati e raccomandabili ma quando anche il nostro paladino Wilson Wilson dice “they’re right”, tutto ad un tratto sembra quasi ragionevole. Per dirla alla Frank Underwood, diritti umani e libero arbitrio sono overrated, soprattutto se degli altri.