SPECIALE FILM DI NATALE
“A family comedy without the family”
“Il film ebbe anche in Europa un successo inatteso e, per le sue proporzioni, inesplicabile.” Leggendo il giudizio del Morandini e buttando un’occhiata alle basse percentuali di punteggio assegnate a Home Alone da diversi database online, viene da chiedersi come mai la critica risulti sempre un po’ in ritardo rispetto al successo di un’uscita cinematografica.
Perché, a giudizio di chi scrive, la popolarità di Mamma, ho perso l’aereo non è poi così ingiustificata. E lo dimostra il tutt’altro che trascurabile ritorno spettatoriale che il titolo raccoglie ad ogni passaggio natalizio. Chris Columbus raffigura il legante generazionale tra gli anni Ottanta delle superproduzioni (I Goonies) e gli anni Novanta di produzioni meno pompate ma pur sempre di discreta popolarità (Mrs. Doubtfire). Il 1990 è non solo la svolta definitiva tra i due periodi cinematografici, ma soprattutto un anno d’oro: trionfando al botteghino e successivamente con premi e nomination vari, Mamma, ho perso l’aereo rappresenta per Columbus la definitiva consacrazione di cineasta dei ragazzi e per i ragazzi. Come suggerisce il titolo iniziale, che riprende uno degli slogan promozionali del film, la pellicola in questione rovescia tutti i codici della commedia familiare, in cui fino ad allora a prevalere è stata la famiglia, appunto. Ed è così che si riesce a trattare il tipico rapporto amore-odio con i propri genitori/fratelli, la paura dell’ignoto, il passaggio dall’infanzia alla pre-adolescenza, semplicemente in maniera furtiva (il caos dell’inizio e della fine) o distanziale (tutto il corpus del film), e soprattutto unicamente tramite gli occhi di un bambino. Quasi come una maledizione da contrappasso alla Topolino e la magia del Natale, in cui i tre poveri paperi sono costretti a rivivere continuamente il 25 dicembre per capirne l’importanza della caducità, o alla Jumanji, in cui ventisette anni di giungla bastano per ricordare l’affetto per i propri genitori, Kevin McCallister si ritrova in una casa enorme completamente solo, subito dopo aver pregato di esserlo. In seguito al rovesciamento della situazione ordinaria, si ha quindi l’installazione dello “straordinario”, abbattendo tutti i codici prescritti della vita adulta. Ma allo straordinario c’è sempre una fine, e così Kevin è costretto ad affrontare quanto mai prematuramente responsabilità, paure e infantili preconcetti. Il paradosso, inoltre, si affaccia con l’aiuto che il protagonista apporta all’anziano vicino, affinché quest’ultimo si riavvicini ai propri cari. Nel confronto tra le due generazioni, conciso e quanto mai d’effetto, rientra in sostanza tutta la morale del film. La maturazione del bambino proseguirà nel seguito (Mamma, ho riperso l’aereo: mi sono smarrito a New York) che, seppur flop di critica e botteghino, rappresenta un altrettanto valido, spassoso e geniale sequel.
Mamma, ho perso l’aereo [Home Alone, USA 1990] REGIA Chris Columbus.
CAST Macaulay Culkin, Joe Pesci, Daniel Stern, John Heard, Robert Blossom.
SCENEGGIATURA John Hughes. FOTOGRAFIA Julio Macat. MUSICHE John Williams.
Commedia, durata 102 minuti.