SPECIALE CINEMA FANTASY
“There’s no place like home”… per fortuna
Cinghie di cuoio ed elettroshock non sembrano certo materia per bambini. Eppure Nel fantastico mondo di Oz inizia proprio così: con Dorothy rinchiusa in una clinica psichiatrica dove intendono curarla a suon di scosse elettriche. Sorta di sequel del celebre film di Fleming (Il Mago di Oz, 1939), la pellicola del 1985 se ne discosta senza timore.
Nessuna Judy Garland gorgheggia Over The Rainbow, la Città di Smeraldo è caduta in rovina e gli amici di un tempo sono trasformati in statue. Dorothy è una bambina di nove anni, tutt’altro che spensierata, incompresa dagli adulti che la credono folle. Riportata ad Oz dalla giovane Ozma, dovrà salvare il Regno dal Re degli Gnomi e dalla perfida Principessa Mombi. La collezione di teste di quest’ultima è un ricordo indelebile per chi ha visto il film da piccolo. Ma, anche a distanza di anni, la pellicola di Walter Murch conserva intatto il suo fascino tetro. Non soltanto per la qualità degli effetti speciali, che le valsero un meritato Oscar, ma per quella ricchezza espressiva che accoglie senza filtri le ossessioni contemporanee. Per quanto tratto dai romanzi di L. Frank Baum – in un periodo in cui fantastico e fantascienza si stavano affrancando dalle matrici letterarie – il film ne conserva le atmosfere cupe e i dettagli inquietanti, ammantandoli di nuove suggestioni. Il Mondo di Oz diventa l’emblema di un’epoca incerta, tra la decadenza di una classicità in rovina (le statue distrutte della Città di Smeraldo) e la vacuità estetizzante del kitsch (gli orribili Ruotanti e la stessa Mombi), tra l’inefficienza obsoleta del passato (gli ingranaggi sempre scarichi di Tik Tok) e l’infida natura del progresso (la sorridente macchina per l’elettroterapia). Come Il Nulla de La Storia Infinita, la minaccia che affligge Oz è ambigua e nebulosa, e l’eroe bambino chiamato a sconfiggerla non può che avere un’identità duplice. Se Dorothy trova in Ozma il suo doppio speculare, altri personaggi vantano una corporeità altrettanto instabile, continuamente scomposta o riassemblata, come la testa di zucca di Jack o la congerie di oggetti che formano il Gump. Corpi artificiali e automi senzienti, vita apparente o surrogata sono soltanto alcune delle tematiche del film care alla cultura anni ’80. Completa il quadro l’equilibrio tra il realismo della messa in scena e l’uso onirico del colore, capace di individuare veri e propri oggetti-feticcio, dalla chiave di Mombi ai soprammobili verdi, passando per le celebri scarpette di rubino. Alla fine del film è dunque difficile stabilire se Oz esista realmente o non sia piuttosto la fantasia di una bambina. Quel che è certo è che va difeso a ogni costo.
Nel fantastico mondo di Oz [Return to Oz, USA 1985] REGIA Walter Murch.
CAST Fairuza Balk, Nicol Williamson, Jean Marsh, Piper Laurie, Matt Clark.
SCENEGGIATURA Gill Dennis, Walter Murch. FOTOGRAFIA Michael Ford. MUSICHE David Shire, Herbert W. Spencer.
Fantastico, durata 113 minuti.