SPECIALE CINEMA FANTASY
Jackson oltre Tolkien
Bilbo Baggins e l’allegra compagnia di nani guidata da Thorin Scudodiquercia, scampati a un primo violentissimo attacco degli orchi, proseguono nel loro viaggio alla riconquista del regno di Erebor. Ad attenderli troveranno il leggendario drago Smaug, assopito sotto l’immenso tesoro dei nani, mentre Gandalf si dirige da solo verso una trappola annunciata, direttamente fra le grinfie del Negromante, Sauron.
Il secondo capitolo della saga de Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien, intitolato La desolazione di Smaug, arriva sul grande schermo sempre per mano del regista/fan Peter Jackson, lungometraggio (è proprio il caso di dirlo, viste le 2 ore e 40 di proiezione) “di mezzo”, che va ancora più nel profondo nell’universo fantasy in espansione pre-Signore degli Anelli. Un film che ha tutti i pregi della sorpresa da prequel ma anche tutte le furberie e i rimandi del remake, con personaggi e luoghi divenuti parte dell’immaginario filmico comune che tornano in vita, all’improvviso, come la locanda Il Puledro Impennato, Legolas, l’arrivo dei nove Nazgul, l’occhio dell’oscuro signore e alcune sorprese che faranno sospirare gli spettatori più accorti. Il riconoscimento del già visto fa da spalla a un impianto visivo e narrativo sicuramente ben più congegnato rispetto al primo capitolo che a molti, fra cui il sottoscritto, aveva dato l’impressione di essere un prolungamento forzato del franchise interrotto nove anni prima. In realtà con questo episodio si ritorna in parte a quello che era il vero spirito che aveva permesso anche ai tolkeniani più duri di accettare la trasposizione di Jackson come una delle migliori pensabili. Ritorna l’epica accennata alla fine del precedente capitolo, ritornano le grandi battaglie, i veri malvagi, il divertimento prettamente nanico che fa da contraltare alla violenza degli scontri. A stare attenti si può intuire anche un certo gusto da parte del regista nel mettere in scena questa parte della storia, arrivando addirittura a osare con una camera-barile in stile GoPro in grado di trasformare per 30 secondi la quarta parete fantasy in una “prima persona” da live action. Sperimenti, giochi, che dimostrano un grande consapevolezza della storia, del medium e dei generi del cinema, in un momento in cui lo spettatore prende posto in sala già sapendo cosa si troverà davanti, lettore assiduo del testo originale, appassionato navigatore del web alla ricerca di backstage e featurette, profondo sostenitore di un genere che in teoria avrebbe già detto molto, se non tutto. Jackson, consapevole di aver creato un mondo nel mondo, ormai scollegato dall’illustre creatore letterario dell’epopea, grazie anche all’aiuto dell’amico Guillermo del Toro alla sceneggiatura, finalmente confeziona un’opera che viaggia e viaggerà sulle sue gambe e sui suoi personaggi. Forse il primo episodio non era stato poi così inutile, prima tappa di un climax in evidente ascesa.
Lo Hobbit – La desolazione di Smaug [The Hobbit: the Desolation of Smaug, Nuova Zelanda/USA 2013] REGIA Peter Jackson.
CAST Martin Freeman, Ian McKellen, Richard Armitage, Ken Stott, Orlando Bloom, Evangeline Lilly.
SCENEGGIATURA Peter Jackson, Fran Walsh, Philippa Boyens, Guillermo del Toro. FOTOGRAFIA Andrew Lesnie. MUSICHE Howard Shore.
Fantasy, durata 161 minuti.