SPECIALE WOODY ALLEN, II PARTE
Uno, nessuno, centomila
Nell’America della fine degli anni Venti momentaneamente tutta frenesia, divertimento e jazz, Leonard Zelig è il caso del momento. Capace di diventare nero accanto ai neri, cinese con i cinesi, ricco o povero a seconda delle circostanze, Zelig è un vero e proprio caso di camaleontismo sociale.
Mentre il Paese segue con passione le sue metamorfosi, i medici lo riducono ad oggetto di studio, senza tuttavia venirne a capo. L’unica a capirlo davvero è la dottoressa Eudora Fletcher, zelante psichiatra che, facendo leva sull’inconscio, riesce e cogliere al di qua della patologia il vero punto nevralgico della questione: Leonard si conforma agli altri perché vuole piacere e questo lo fa sentire al sicuro rispetto alla sua paura più grande, la perdita d’identità. Finto documentario su un immaginario uomo medio americano, tenera favola sulla nascita dell’amore tra Leonard ed Eudora, e soprattutto veridico racconto fantastico del dramma insito nella modernità (perché la sua è anche la nostra malattia), il film di Allen intercetta la direzione presa dall’umanità in un momento ben preciso della sua storia: dalla Depressione all’ascesa hitleriana, il controllo dei mass media sulle coscienze individuali si impone in maniera definitiva. Ma turbolenta, come i tempi, è anche la sorte di Leonard, così come i favori di cui gode presso il suo pubblico: prima eroe nazionale, poi fenomeno da baraccone, in seguito ricercato e, una volta scovato dalla dottoressa Fletcher accanto ad Hitler durante un’adunata nazista e convinto a ritornare a casa, ancora eroe. Rivisto oggi a distanza di trent’anni, Zelig si conferma straordinario mosaico di brillante originalità tecnica e poetica – sorprendente la capacità con cui Allen, aiutato dal fotografo Gordon Willis, finge di recuperare brani di cinegiornali d’epoca, intervallandoli con interviste, allora contemporanee, a personalità celebri (fra gli altri Saul Bellow, Susan Sontag, Irving Howe, Bruno Bettelheim) – che tanto dice ancora dei nostri tempi. Parodia dei contenuti e dei modi narrativi tipici dell’inchiesta televisiva, testo cifrato che svela e nasconde i banali e perversi meccanismi del consenso, che ride delle psicosi dell’uomo comune (eternamente in bilico tra la necessità di esaltarsi come individuo e la paura di essere diverso) e delle insicurezze di una società, Zelig racconta di un mondo i cui automatismi hanno fatto a pezzi l’identità personale. In un incessante gioco di arguzia e vivacità, Allen, nei panni di uno scherzoso everyman della nostra modernità, ci ricorda che, in fondo, la tentazione di trasformarsi in rettili privi di opinione è e sarà sempre in agguato, ma che forse l’unico modo per vivere davvero è essere se stessi.
Zelig [id., USA 1983] REGIA Woody Allen.
CAST Woody Allen, Mia Farrow, Mary Louise Wilson, Garrett M. Brown.
SCENEGGIATURA Woody Allen. FOTOGRAFIA Gordon Willis. MUSICHE Dick Hyman.
Commedia, durata 79 minuti.